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jueves, 23 de junio de 2022

Padre Giuliano (italiano) del sud di Quito ci racconta cosa succede in Ecuador. Ricevo e pubblico.

Ricevo e pubblico questo articolo sullo sciopero in Ecuador, scritto dal Padre Giuliano che lavora in una parrocchia del sud di Quito. 



Siamo entrati nel decimo giorno dello sciopero degli indigeni e qui, nel sud di Quito, viviamo in un silenzio irreale. Tacciono le scuole elementari e superiori, il traffico da ieri é quasi inesistente, tutto si concentra nel centro storico della citta' e sulle grandi vie di accesso alla capitale: cosa sta succedendo in Ecuador?

Dopo tre anni dall'ultimo "levantamiento", gli indigeni dell' Ecuador hanno dichiarato uno sciopero ad oltranza. Nei giorni scorsi hanno  manifestato nelle diverse citta' dell' Ecuador e ora vengono da tutte le parti nella capitale, quasi una specie di occupazione del territorio.

Il concetto di sciopero generale non coincide con il "levantamiento". A un anno dalla elezione del presidente LASSO, un banchiere che applica teorie neo-liberiste, i poveri si trovano piu' poveri di prima. Tutto e' aumentato, anche le riserve dello stato, depositate, mi pare, in banche svizzere, che invece di essere usate per comprare le medicine per gli ospedali, o per migliorare il pessimo stato delle vie di comunicazione, o per l' istruzione, dalle elementari all'universita', o dando prestiti a basso interesse ai contadini, o per calibrare il prezzo dei combustibili in un paese che vende petrolio, vengono depositate per aumentare il conto in banca dello stato cosa che, secondo le medesime teorie, aumenterebbe le garanzie per i "futuri" inversionisti stranieri.

Questo sta creando enormi difficolta' nelle famiglie povere gia' duramente provate dalla pandemia. Tra tutte le fascie della popolazione gli indigeni rappresentano sicuramente le categorie piu' impoverite dell'Ecuador.

Sono stati loro, per primi, in una indifferenza un po' generale, a muoversi come, del resto e' nella tradizione relativamente recente  della storia del popolo ecuatoriano. Hanno presentato 10 punti al governo sui quali non e' piu' necessario dialogare, ma decidere. Ai 10 punti chiaramente esposti dal leader indigeno il governo dapprima ha risposto con "propostine" INFANTILI, e da ieri con un lungo documento di 16 pagine. Ma per gli indigeni non e' questione di parlare o di scrivere, ma di concretizzare. E ora arrivano da tutte le parti, gridando i loro slogan, cantando, suonando con i loro strumenti tradizionali, danzando in gruppi per le strade e.... trovano schieramenti di truppe militari e poliziesche che hanno l'ordine di di dissolvere in qualunque modo questa valanga umana. 

Polizia e militari vestiti con tute antisommossa, armati con armi sofisticate, provocanti e obbedienti ai decreti che a nastro si sfornano dal palazzo presidenziale con una insipienza che sfiora la stoltezza.

Dopo 10 giorni di sciopero condotto dall'inizio con poche altre categorie, ora la protesta si sta allargando in tutto il paese. I media narrano le cose dal punto di vista dei poteri oggi dominanti, senza alcuna eccezione, ma Facebook offre una narrazione ben differente. Giornalisti vecchia manera, a servizio dei poteri, plantigradi in un mondo che sta rapidamente cambiando le forme di comunicazione. Ieri mi sono ascoltato per Facebook per 3 volte un discorso nobilissimo di uno studente di medicina di 22 anni chiamato a parlare in Parlamento. Mentre lo ascoltavo, quasi con lacrime agli occhi, mi dicevo:"se in Ecuador esiste una benche' minima minoranza di giovani di questo tipo c'e' un futuro per questo paese."

Da ieri le universita', non la Cattolica, (!) hanno aperto le porte per accogliere la massa di indigeni che stanno 'occupando' la capitale. La Cattolica resiste ad aprire le porte perche' al momento delle elezioni di questo presidente gran parte della gerarchia e del clero s'era schierato a suo favore.  Il vizietto di schierarsi dalla parte dei poteri e' rientrata trionfalmente nella chiesa. Il rettore e' un ottimo gesuita, ma anche lui deve obbedire a ordini superiori. Devo dire che attualmente la chiesa cattolica e' dominata  da persone piuttosto mediocri. 

A che si deve, mi chiedo, la mirabile resistenza degli indigeni che, gia' da ieri non sono piu' soli? Io credo che innanzitutto questo si deve alle loro insopportabili condizioni di vita. Tuttavia essi non sono piu' poveri della grande massa dei contadini dell'Ecuador. Ci deve essere qualche cos'altro el DNA del mondo indigeno che li porta a esprimersi in forme "spontaneamente" collettive. A me pare che si potrebbe esplorare nella loro cultura millenaria quel "collettivismo" innato dentro del quale nascono, vivono e muoiono.

L'indigeno non si sente mai solo, appartiene a un gruppo sociale che magari e' molto frazionato ma in presenza di problemi comuni o di aggressioni si compatta in forme vaste. Benedetti indigeni poveri e solidali, portatori di valori straordinari che tendono a sparire anche tra le loro giovani generazioni, assorbite da una cultura postmoderna che agisce come un tritacarne. Ma finche' riescono a conservare queste caratteristiche essi continueranno ad essere tra i primi e principali protagonisti del cambiamento, nonostante le volgarissime offese e accuse che una mentalta' coloniale continua a esprimersi anche per facebook.

Credo, pero', che ci sia un altro fattore che incide in questi 'levantamientos 'e che ha iniziato a emergere dagli  anni '60 del secolo scorso. Da allora, nonostante sofferenze e feroci persecuzioni, si e' risvegliato nella loro coscienza il sentimento represso da 5 secoli  di essere loro i veri propietari di queste terre. Non vengono a chiedere elemosine o favori, vengono a esigere quello che gli e' dovuto. Vengono a istallarsi in un territorio che e "di loro".

A fronte di queste sensibilita' e culture il banchiere e i suoi accoliti reagiscono nella forma piu' banale e piu' disgaziata: opponendo la forzá brutale di persone, figlie di questo popolo, equipaggiate per reprimere e arginare la valanga di una marea umana.

Mentre scrivo gli elicotteri sorvolano in maniera incessante la citta' in appoggio alle truppe di terra. A queste risponde in lontananza il suono delle trombette e le grida del popolo che nonostante tutto a piccoli passi continua ad avanzare  conquistando posizioni. Scenari di guerriglia urbana? Forse, si. Ma chi la conduce? Feriti, a decine , e morti (2) gia' ci sono. Ma non sono fra le cosiddette forze dell' ordine. E non e' un caso. 

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