Sostenitori di Daniel Noboa nella capitale Quito festeggiano la vittoria al ballottaggio presidenziale con il 52% - Ap


PRESIDENZIALI. Daniel Noboa vince il ballottaggio. Tra promesse ai giovani, anti-correismo e neoliberismo. Il giovane rampollo della dinastia più ricca del paese sfonda nelle zone più povere

Davide Matrone

Con il 52% dei voti Daniel Noboa è il nuovo presidente dell’Ecuador. E la destra, forte di oltre 5 milioni di preferenze conquistate su tutto il territorio nazionale, governerà per i 18 mesi che mancano alla fine della legislatura, solo sospesa dal voto anticipato con cui il presidente uscente Lasso ha bloccato il processo di impeachment nei suoi confronti.

IL RAMPOLLO 35ENNE della famiglia Noboa – la più ricca del paese -, detto anche «il principe delle banane», raccoglie un Ecuador a pezzi dopo sei anni di politiche economiche neoliberiste, coi governi di destra di Lenin Moreno e Guillermo Lasso. Il neo-eletto ha festeggiato a Olón, sulla costa, ringraziando i suoi fedelissimi per essere «parte di questo progetto politico nuovo, giovane, con l’obiettivo di ridare speranza al paese». Partito in sordina tra le sei candidature presidenziali della destra ecuadoriana, il giovane leader di Azione nazionale democratica (And) è diventato il successore naturale di Guillermo Lasso, il quale ha dichiarato che lo accoglierà già oggi per illustrargli la situazione. Eppure nelle ultime due settimane, dopo il secondo dibattito televisivo del primo ottobre, Noboa aveva perso colpi. La candidata della Rivoluzione cittadina (Rc) Luisa Gonzaléz (centro sinistra) l’aveva messo ko per ben quattro volte recuperando voti, ma il testa a testa che si annunciava alla fine non c’è stato.

Noboa, in un paese piegato dall’aumento della criminalità organizzata, ha fatto promesse ad effetto, che lasciano molti dubbi sulla possibilità che vengano mantenute: un sistema centrale telemonitorato di controllo su tutto il territorio nazionale per sconfiggere le bande criminali, aumento delle pensioni minime a 425 dollari (il valore del salario basico), accessibilità all’Università per tutti gli studenti, riduzione delle tasse, aumento del bonus per le donne in gravidanza e incentivi per i giovani imprenditori. Il fumo negli occhi, quando c’é disperazione, funziona sempre.

SE SI ANALIZZANO I RISULTATI delle elezioni 2021 e 2023 non troviamo grandi differenze: la Revolución Ciudadana dell’ex presidente Rafael Correa perde pur con un lieve incremento di voti (187 mila), tiene nelle regioni costiere, nell’Amazzonia conserva Sucumbios e conquista Orellana. È il primo partito a livello nazionale, ma non sfonda al punto da conquistare il Palacio Carondelet. Nelle ultime elezioni comunali aveva conquistato le maggiori e piú popolose regioni del paese (Guayas, Pichincha, Manabi e Azuay), dove non si conferma alle presidenziali.

IL CASO PIÚ EMBLEMATICO e che dovrebbe generare una seria riflessione nel partito è la regione Pichincha governata dal correismo da 5 anni con Paola Pabón e la municipalità conquistata da meno di 6 mesi da Pabel Muñoz, dove la Rc non arriva al 40% e laddove governa come nel Guayas lo scarto con la destra è minimo. Anche nell’Azuay stessa situazione. La regione fedele al correismo resta quella di Manabi Manti. Invece la destra – che aveva vinto con Lasso nel 2021 con il 52,36% – oggi conquista il 52,30%. Un fenomeno da analizzare, a fronte del 15% di gradimento per la destra di Lasso .

La destra vince nelle regioni con i peggiori indici di povertà come Chimborazo, Cañar e Cotopaxi. Gli effetti del neoliberismo sulla popolazione povera e meno istruita non sono stati percepiti in modo negativo e non c’è stata una risposta rivoluzionaria a questo processo. Mentre si registra rancore verso l’ex presidente Rafael Correa e il “correismo”, di cui è espressione Rc, con una narrazione mediatica costruita dal circuito privato dei mass media ecuadoriani con appoggio di reti sociali e influencer.

LA DESTRA IN QUESTI ANNI ha costruito un’egemonia culturale posizionando i propri valori, come quello secondo cui la ricchezza è un segno del successo e i ricchi sono i leader naturali della società. Gli ecuadoriani, inclusi i poveri, appoggiano in maggioranza l’idea dei ricchi al potere anche se i loro interessi non coincidono, o sono addirittura opposti. I poveri e i subalterni appoggiano insomma i propri oppressori. Un’egemonia culturale e ideologica in senso gramsciano, che nella società ecuadoriana si è rafforzata negli ultimi anni attraverso le istituzioni, il sistema educativo, i mezzi di comunicazione. E che continua a vincere. La sinistra produce geni e intellettuali di primordine, ma è la destra ad applicarne concretamente i postulati teorici. Un problema non solo latinoamericano.

LO SCENARIO POLITICO che si apre ora vede nell’Assemblea nazionale una maggioranza del partito della Rivoluzione cittadina con 54 parlamentari su 137, seguito dal gruppo Movimento Construye – il cui candidato, il politico e giornalista anti-corruzione Fernando Villaviciencio, è stato ucciso lo scorso 9 agosto al termine di un comizio della sua campagna elettorale. Terzo il Partido social cristiano e solo quarto l’Adn di Daniel Noboa, che ha appena 13 parlamentari. I numeri ci dicono che la governabilità è a rischio, a meno che non si costruiscano alleanze solide e durature per i prossimi 18 mesi. Quelle tradizionali tra le varie oligarchie del paese cominceranno a delinearsi già da domani. Nel frattempo il popolo e le classi lavoratrici dovranno resistere ad altri 18 mesi di neoliberismo, che in America Latina fa molto più male che in Europa.

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