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viernes, 31 de julio de 2020

Un ricordo dello storico cubano Eusebio Leal!

Ho appena saputo della scomparsa di Eusebio Leal, il grande storico cubano autore del recupero del centro storico di l'Avana voluto dal Comandante Fidel Castro. 

Ripropongo un articolo scritto a quattro mani con Massimiliano Diana sulla visita di Eusebio Leal a Napoli. In quel maggio del 2008 il Comune Partenopeo ebbe il gusto di invitare lo storico cubano per insignirlo del Premio Internazionale "Sebetia Ter" che ha lo scopo di dare un riconoscimento a tutti coloro che, hanno dedicato la loro vita alla Cultura, alla Scienza, alla ricerca scientifica, nel campo della medicina, della tecnologia, dell'Arte, della Musica, della Giurisprudenza, delle Scienze Matematiche, della Fisica e del Sapere, mettendo a disposizione della collettivita´ umana il risultato delle loro conquiste. Noi fummo lí ad ascoltare il grande storico cubano scomparso oggi 31 luglio all'etá di 78 anni. 


Eusebio Leal a Napoli

Ha ricevuto il premio “Sebetia Ter”

“L’Arte non ha patria, ma gli artisti si!” 
(José Martí)
Eusebio Leal e l'Avvocato Alessandro Senatore. Foto di Davide Matrone. (Napoli estate 2008). Foto 1

di Massimiliano Diana e Davide Matrone

Con la citazione: “L’arte non ha patria, ma gli artisti si” di José Martí termina l’appassionante intervento di Eusebio Leal Splenger, giunto a Napoli nel maggio scorso. Il 23 e il 24 maggio. Infatti, Napoli ha ricevuto l’Historiador de la Ciudad de la Habana e padre del restauro del cuore della capitale cubana. Lo storico cubano, già Cavaliere Ufficiale della Repubblica Italiana, ha ricevuto il prestigioso premio “Sebetia Ter” Premio in Architettura “Alfredo Gravagnuolo” (Targa d’argento del Presidente della Repubblica Italiana) insignito per la sua guida nel restauro del centro storico della capitale cubana, ispirato ad un disegno culturale lungi da qualsiasi logica speculativa, e fermamente fedele all’identità storica e culturale della città Presso l’Istituto Italiano per gli studi Filosofici e con la collaborazione dell’Università degli studi di Napoli Federico II e la Facoltà di Architettura della Sun (Seconda Università di Napoli), il 23 maggio, si è tenuta la Conferenza dello Storico dell’Arte, nonché esponente di rilievo dell’Uneac (Unione Nazionale Artisti e Scrittori Cubani), Eusebio Leal Splenger sul tema “Restaurare l’anima di una citta’” - “esperienza del recupero del centro storico dell’Avana” proclamato patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nel lontano 1982. 

Eusebio Leal (Foto 2)

Presenti all’incontro Gerardo Marotta, Presidente dell’Istituto Italiano di Studi Filosofici; Alessandro Senatore, Presidente dell’Istituto di Sviluppo ItaliaCuba; Benedetto Gravagnuolo, Preside della Facoltà d’Architettura Federico II; Concetta Lenza, Preside della Facoltà d’Architettura della Sun e Alessandra Riccio, docente dell’Orientale di Napoli. Nel suo emozionante e interessante discorso, Eusebio Leal ha ricordato con grande entusiasmo i suoi trascorsi nella città di Napoli circa trenta anni fa, quando passeggiava nel centro storico partenopeo, curiosamente simile a quello della città cubana e immaginando un giorno di poter realizzare un progetto di restauro per la sua città. Nei suoi ricordi ci sono anche le visite a Ercolano e Pompei e l’incontro con il Grande Maestro Roberto De Simone. Sottolineando le similitudini tra La Habana e Napoli ha ironizzato: “Già all’aeroporto, quando tra il caos ritiravo le valigie, mi sono reso conto che ero atterrato nella mia Terra”. 

Un breve accenno va al grave problema che tuttavia perseguita i napoletani “Tutti i giornali al mondo parlavano di Napoli, è mai come ora era importante per me venire qui… ma al mio rientro porterò dentro solo lo spirito di Napoli, dimenticando il ricordo della disfunzione della spazzatura”. Continua con il medesimo entusiasmo a ricordare i periodi in Italia, e in particolare l’amicizia con Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Raffaele Mattioli. Nonché la visita alla casa di Sandro Pertini a Roma. 

Casa Sandro Pertini a Roma. Foto 3

Di fronte a un pubblico interessato e partecipe, Eusebio Leal, frappone ai ricordi il suo progetto realizzato negli anni nel recupero di uno dei centri storici più belli del mondo, come quello de La Habana “Vieja”. Spiega che il progetto di dare un’anima e una vita al Centro Storico de l’Habana viene da molto lontano (1977) e “quando eravamo un piccolo gruppo, mentre ora siamo a trecento architetti e tremila operai con duecento opere in cantiere”. E definisce come un miracolo il fatto che Cuba sia riuscita a sopravvivere in quegli otto anni di completo isolamento del ‘periodo especial’ e di come sia riuscita a uscirne, “Forse perché abbiamo avuto rispetto e non vergogna per la povertà. Il Centro Storico de l’Habana che si estende per diversi chilometri molto popolati, e al tempo stesso pieni di storia, che attrae e raccoglie turisti. Bisogna evitare che la città diventi un museo e si trasformi in un’attrazione turistica senza identità e senza vita, ma fondamentale è il progetto di dare un’anima alla gente che ci vive e ci lavora. L’utopia, e non la fantasia, su cui si concentra il progetto di recupero della città è quella di realizzare un luogo di convivenza che permetta alla collettività di vivere in condizioni dignitose negli spazi ricchi di storia. Anche i bambini, finalmente, hanno recuperato gli spazi una volta destinati a parcheggi o del tutto abbandonati. Pur non avendo le possibilità economiche, dal 1994 ad oggi sono stati compiuti passi da gigante, rendendo pedonale il cuore della Città e ristrutturando opere, musei ed edifici di una bellezza unica e rara in America Latina come Università, Cattedrali (in particolare la Cattedrale Russa Ortodossa), il “barrio Chino”; sono state create residenze per anziani e disabili, e da giugno ci sarà anche il Museo con i Tesori del Mare nel Castillo de la Real Fuerza. I finanziamenti, seppur pochi, sono suddivisi tra fondi per il restauro monumentale e risorse per interventi sul sociale, come le scuole, per esempio, e la creazione di altri impianti con la relativa crescita di posti di lavoro”

Centro storico di L'Avana (Cuba). foto 3

A questo straordinario progetto l’Unesco ha contribuito solo con un riconoscimento papale, “Siamo riusciti da soli senza nemmeno un debito con le banche” dichiara Leal. Inoltre la stessa ‘Oficina’ di lavoro dell’équipe capeggiata dallo storico cubano, non ha ricevuto soldi dallo Stato ma ha finanziato e finanzia, addirittura, il bilancio pubblico; ha un utile del 20 per cento e reinveste il 45 per cento dei suoi ricavi in attività sociali: scuole, asili nido, case per anziani e case famiglia per bambini portatori di handicap. La due giorni napoletana di Leal termina con una grande e calorosa accoglienza a Villa Doria, presso la suggestiva collina di Posillipo dove lo storico ha ricevuto il prestigioso premio. ★

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Foto 1: autore Davide Matrone


sábado, 25 de julio de 2020

Entrevista a Raúl Zibechi.


Raúl Zibechi 

Entrevista de Davide Matrone

El presidente de Uruguay Lacalle, después de 15 años de gobierno del Frente Amplio, gana las elecciones en el pasado noviembre.

Situación Covid - 19

El presidente Lacalle asume el cargo en plena emergencia Covid-19. Todo su plan de gobierno tuvo que enfocarse en resolver los problemas causados por la propagación de la pandemia. La gestión ha sido buena, sin encierro obligatorio, con una cuarentena flexible y voluntaria. Se incrementó el número de plazas de cuidado intensivo a 900 que representa un buen número en proporción a la población. La buena gestión ha sido facilitada por factores típicos de la realidad uruguaya: buen sistema de salud pública, prevalencia de una clase media, población bien alimentada y baja contaminación. En el país se registran pocos casos de infectados y los servicios sanitarios nunca se saturaron. En definitiva, el sistema sanitario funciona bien desde mucho tiempo y es difícil que llegue a desbordar. El principal riesgo en este momento pareciera que provenga de las fronteras con Brasil y Argentina. 

La aprobación de la LUC y sus efectos

La LUC es una Ley que abarca muchos aspectos: lo económico, lo social, lo represivo y lo político. Este gobierno busca en grandes rasgos, opacar o borrar los 15 años de gestión del Frente Amplio y el papel del Estado que en Uruguay es fuerte y bien aceptado por la gente. Las principales empresas uruguayas son del Estado como: la eléctrica, la del agua y la del petróleo que nunca se privatizaron como en el caso de Argentina y Brasil. La sociedad uruguaya cree en el Estado y por eso prefiere usar los servicios de las empresas públicas como ha pasado con la telefonía, el sistema de pensiones y con los bancos. La telefonía fija es monopolio del Estado y, a pesar de la presencia de 13 compañías privadas, más del 50% de los uruguayos se queda con la empresa pública, también porque el Estado brinda buen servicio. El país privatizó una franja del sistema de pensiones, pero la mayoría optó por la empresa estatal y lo mismo pasó con los depósitos bancarios públicos. Con la promulgación de la LUC hay un intento de privatizar parcialmente la economía, pero en base a lo que la legislación uruguaya permite. Hay el intento de blindar a la policía desde el punto de vista represivo dándole más margen para actuar y limitando los espacios de denuncia por parte de la sociedad civil. Se intenta imponer los allanamientos a los domicilios en hora nocturnas. Una medida claramente anti - constitucional. En el terreno económico es un gobierno muy empresarial, muy volcado a la empresa privada, intencionado a modificar el sistema de protección social que creó el Frente Amplio mediante el Ministerio de Desarrollo Social. Hay todo un proyecto de desmantelamiento del sistema social y se quiere dar al

La derecha en Uruguay y en América Latina.

Hay una novedad en el panorama político uruguayo y en la sociedad del país: el surgimiento de una nueva derecha. Se constituyó un nuevo partido militar en Uruguay del estilo del  

¿Cuál es el estado de salud del Frente Amplio, hoy oposición, frente a este nuevo escenario?

El Frente Amplio en la I vuelta electoral de octubre perdió 10% de los votos respeto a 5 años atrás cuando tenía el 49% de los consensos y una mayoría absoluta. Pasó a tener un 39% de los votos y nunca en su historia perdió 10 puntos de consenso. Hoy, registra un retroceso muy fuerte. Nunca logró explicar porque tuvo esta caída electoral y no ha hecho un balance de los últimos 15 años de gobierno. 

Las contradicciones de la izquierda latinoamericana y su falta de autocrítica.

Pienso que, al Frente Amplio, le va a costar mucho hacer un balance de sus 15 años de gobierno y no tanto por reconocer sus errores que son indudables, sino para ver cuáles han sido los errores cometidos. Este proceso afecta a toda la izquierda de América Latina que, en su época de gobierno, continuó con el modelo extractivista que representa un tipo de sociedad donde el consumismo se dispara de una forma muy grande y por eso una buena parte de la sociedad no tiene futuro como los jóvenes pobres de los sectores populares. Esta parte de la población es la que no tiene posibilidad de conseguir un trabajo digno y estable, ni tampoco la posibilidad de tener una educación de calidad. El modelo extractivista - que potenció el Frente Amplio y toda la izquierda en la región - necesitó de políticas sociales para sostenerse, pero estas mismas políticas sociales (que no producen cambios estructurales) generan despolitización. Se trata de una entrega de recursos a las familias sin contrapartidas, de forma individualizada y mediante la vía de la cooptación. Los movimientos terminan desorganizados, más frágiles y débiles. Observando toda la región, los movimientos populares, indígenas, sindicales, territoriales, urbanos y rurales se han debilitado enormemente en estos años por las políticas sociales que han encarado estos gobiernos. Este proceso es muy difícil discutirlo porque nadie está dispuesto a hacerlo y porque sería poner en cuestión las bases de la gobernabilidad de los gobiernos de izquierda. Esta falta de discusión y autocrítica es un problema muy grave y es parte del crecimiento también de la derecha. 

Creo que el incremento de la derecha en Uruguay y en la región se da por una cuantidad de factores, pero entre otros es porque las clases medias, altas y parte de las clases populares toman conciencia de lo que no les gusta, de sus intereses particulares y avanzan sobre ellos. Pienso que una parte tiene que ver con el rechazo al feminismo y a los derechos de los colectivos GLBTI, el rechazo al ascenso de una camada de profesionales de clase media que se incrustan en las instituciones del desarrollo social que decide lo que le conviene sin consultar a la gente. Estas políticas han generado un rebote también en la población. 

El subcomandante Moisés decía que el crecimiento del zapatismo se debe a la indignación de los indígenas - o de una parte de ellos - frente a una manera de hacer políticas sociales. Por ejemplo, la entrega de un dinerito por los alimentos es un insulto, una humillación para la gente que en cambio prefiere recibir la tierra para cultivar. Los partidos de izquierda nunca evaluaron que sus políticas pudieran generar rechazo, en vez de apoyo. Hoy en día la izquierda está muy desperdigada. En Brasil el PT (Partido de los Trabajadores) no hace nada, por ejemplo. Además, en algunos países latinoamericanos las manifestaciones en contra de los gobiernos neoliberales están encabezadas por las barras de fútbol y no por los partidos de izquierda, porque hay una desmoralización. 

El Frente Amplio presenta contradicciones internas. Las diferencias entre Mujica y Vásquez, por ejemplo. ¿Qué opinas?

Ambos son dos caudillos que no representan políticas distintas, sino sensibilidades distintas y eso hace que la despolitización crezca y no permite que la izquierda comience a recomponerse.

¿Hay síntomas de un cambio? y ¿Cuáles son?

Pienso que esta situación está marcando un fin de aquella izquierda electoral, tradicional e institucional y se están generando caminos distintos. El surgimiento de una izquierda en América Latina más ambientalista, más cuestionadora del modelo de desarrollo, más arraigada a los territorios como el caso de Boulos en Brasil candidato de los movimientos de los trabajadores sin techos del Partido Socialismo y Libertad (PSOL) que en la ciudad de Sao Paulo tiene un 11% de consenso. 

De todos modos, en Uruguay en las próximas elecciones municipales el Frente Amplio ganará sin lugar a duda y con buen margen. Se votará en los dos grandes municipios de Montevideo y Canelones, en donde viven casi 2 millones de personas y en estos lugares la izquierda por tradición gana sin ningún problema.

El fin del progresismo latinoamericano

Un tipo de gobierno de izquierda está llegando a su fin porque en la mayoría de los procesos como Uruguay, Brasil, Chile e incluso Ecuador ya no gobierna y si volviera a hacerlo sería más conservadora de antes. Si Correa pudiera gobernar ahora, sería mucho más conservador que antes. Además, en donde permanece al gobierno - como Venezuela y Nicaragua – la situación ha mutado a otra cosa. En Bolivia hemos asistido a otro fenómeno con Evo Morales que no recibió la movilización masiva de su pueblo cuando estaba en riesgo de caer. La misma población que lo había respaldado en las guerras del agua y del gas 10 - 15 años antes, el año pasado no se movilizó. Si la población se hubiese movilizado con intensidad, Evo no hubiera caído. Por ende, hay un problema de fondo que es estructural y me imagino que en el corto plazo esta situación no va a cambiar. Creo que estámos ante un fin de una izquierda que viene desde lejos, es decir desde los años '70. Inclusive diría que estamos en una situación en la cual las organizaciones sociales tradicionales, incluso la

Regresamos a Uruguay. El pasado 1 de julio el Canciller Ernesto Talvi renunció a su cargo después de 4 meses. Una renuncia pesante dentro del Gobierno Lacalle. ¿Cómo interpretas este acto?

El Partido Colorado es uno de los partidos tradicionales más importante de Uruguay. Fue partido del Estado y hoy está debilitado porque tiene solo un 10% de votos. Dentro de este partido Talvi representaba la renovación con un perfil socialdemócrata. Una figura con poca experiencia política que se enfrenta con el dueño:

En América Latina en septiembre se vota en Bolivia y en el próximo febrero del 2021 en Ecuador. Los partidos de los ex - presidentes Morales y Correa encuentran obstáculos para participar a las elecciones. ¿Qué está pasando al respeto? Y ¿Cuáles son los cambios en el escenario global?

A mí me parece que hay un cambio muy fuerte en el escenario global. El gobierno Trump es parte de esta transformación, pero, aunque gane el democrático Biden, la política de Estados Unidos no cambia. Bajo el gobierno Trump el establecimiento de E.E.U.U. tomó la decisión de ir a una guerra comercial real con China y probablemente con Rusia. El boicot a Huawei es un tema muy fuerte que ha generado tensiones a nivel mundial. Estados Unidos ha presionado a la Unión Europea para que salga de los contractos con la grande empresa China que ya había registrado un buen éxito en el Reino Unido. Esta política internacional está marcando un cambio de clima muy pesado con la contraparte representada por China, Rusia e Irán. Asistiremos a un periodo de 10 - 20 años en el que todo lo que parecía estable, cambiará. Creo que hay dos momentos de inflexión: 1) El ingreso de Trump en el gobierno de Estados Unidos, 2) La intervención de Rusia en la defensa del régimen siriano de Bashar al – Ásad. Hay una radicalización de las posiciones de E.E.U.U. en el escenario global para contener su decadencia y en América Latina lo que tenemos es la formación de nuevas derechas mucho más conscientes, más alineadas con Estados Unidos, aunque tengan buenas relaciones con China.

El horizonte de la izquierda hoy en Ecuador y en el continente.

Creo que la izquierda en Ecuador hoy está representada por el movimiento del paro nacional de octubre. Una de las consignas del movimiento era 

En Chile la izquierda en las calles estuvo ausente, las banderas eran las de Chile y de los Mapuche. Además, siempre en Chile, una parte de la izquierda se equivocó cuando le dio aire a Piñera firmando el pacto para convocar una

A mí me gustaría que en Ecuador hubiera una izquierda nueva y más alineada con la base de la sociedad que se identifica con la figura de

Hace unos días Leónidas Iza y Yaku Pérez aceptaron la precandidatura por la presidencia de la República del 2021 en Ecuador. ¿Cómo ves este binomio, a pesar de las contradicciones existentes dentro del movimiento indígena?

A mí me gustaría que ganar el binomio Iza - Pérez, pero este es un gusto y nada más. Los dos tienen en común algunos rasgos: vienen de la lucha social, no viene de las instituciones, ni de la Academia,

Tengo muchas dudas porque, además, no representan la nueva izquierda que yo quisiera. Una izquierda no hegemonista, no caudillista, no patriarcal y además la transformación de fondo no va a venir por las federaciones de comunidades de abajo para arriba. En el mejor de los casos, puede sacar una buena votación, pero no ganarían y en el peor de los casos va a terminar hipotecando este enorme movimiento anti minero, indígena que hay en Ecuador y subordinarlo a las instituciones. Esto sería terrible porque sería un retroceso muy grande. 

Publicado en:

https://www.revistacrisis.com/debate-critica/raul-zibechi-la-falta-de-autocritica-de-la-izquierda-es-parte-del-crecimiento-de-la

https://www.revistacrisis.com/debate-critica/raul-zibechi-lo-que-se-consigue-en-las-calles-no-puede-consiguirse-en-las-urnas



martes, 21 de julio de 2020

Intervista al regista congolese Rufin Mbou.

narratore di vita e creatore d’immagini….

Rufin Mbou

Ripropongo un'intervista realizzata esattamente otto anni fa a Pozzuoli al regista congolese Rufin Mbou. 

Rufin è un giovane congolese di 30 anni che vive e lavora da 5 anni a Le Havre in Francia. Il nostro incontro è avvenuto per caso in un assolato pomeriggio di luglio nella splendida cittadina di Pozzuoli in provincia di Napoli.

Rufin parla francese, una lingua a me incomprensibile e cosí per intenderci utilizziamo un inglese appreso sui banchi di scuola, la  gestualità accentuata dei popoli del sud e soprattutto la traduzione diretta ed immediata della nostra cara amica Laura che il francese lo parla benissimo e che ha reso piú semplice il nostro comunicare. 

Le nostre chiacchierate non sono state molto loquaci e logorroiche ma intense da un punto di vista comunicativo e figurativo: le foto, un ballo, un bicchiere di vino, i sorrisi, le pacche sulle spalle, le strette di mano, una pizza, le camminate, un caffé, le incomprensioni, i silenzi, la gestualità del corpo, l’immaginazione, la fantasia ed infine i saluti hanno arricchito il nostro stare insieme lì, in quel momento ed in quel determinato luogo.

Pozzuoli, Monte di Procida, Acquamorta, il centro storico di Napoli, la stazione ferroviaria di Villa Literno hanno rappresentato poi la scenografia di un breve film scritto, visto insieme e poi terminato con il classico saluto da un finestrino di un treno in partenza. Un finale quasi scontato di quelli raccontati, immaginati, sognati, vissuti e visti chissà quante volte al cinema. Non è stato cinema ma vera realtà, quella vissuta in questi giorni di luglio. Una bella realtà che Rufin prova ad immergere nei suoi documentari, nei suoi corti e lungometraggi che  parlano della MAMMA Africa.

Un cinema d’inchiesta il suo, anche coraggioso, pungente e necessario per raccontare una realtà dura e tesa, tipica di molti paesi africani che vivono in permanente conflitto. 

Un conflitto orchestrato e manipolato dalle democrazie occidentali che sono molto capaci nel mettere contro le fazioni civili e militari adottando il famoso e antico motto romano “divide et impera” per accaparrarsi le ingenti risorse naturali che questi paesi dell’Africa posseggono e che noi paesi occidentali, senza chiederne il permesso, le facciamo nostre.

L’abbraccio alla stazione termina o interrompe quest' incontro. Il tempo è stato generoso ed ha lasciato una testimonianza indelebile su un piccolo quaderno.

L' intervista

Rufin di dove sei e cosa fai?

Sono Rufin Mbou, un congolese di 30 anni che vive da 5 anni a Le Havre in Francia, dove lavoro in una casa di produzione cinematografica che si chiama Inzo ya Bizizi (la casa delle immagini) specializzata in documentari. Sono originario del Congo (Repubblica del Congo, già Zaire ndr), un paese dell’Africa centrale con una popolazione di circa 3 milioni d’abitanti (http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_del_Congo) ed ex  colonia francese. Un paese molto ricco di petrolio che fa gola alle multinazionali straniere, in primis quelle francesi.

Come nasce la tua passione per il cinema?

Durante il liceo in Congo. In quegli anni ho iniziato a fare teatro e a seguire con interesse il cinema di cui mi sono innamorato qualche tempo dopo. In questo periodo ho cominciato a vedere tantissimi film di qualsiasi genere e origine. Il cinema in Congo era inesistente e cosi ho seguito il cinema francese. Piano piano l’interesse e la curiosità per questo mondo mi ha spinto un giorno a realizzare un film tutto mio e cosi ho iniziato a studiare in maniera autodidatta. Successivamente ho seguito dei corsi di formazione e dei stage professionali nel mio paese e da lì non mi sono più fermato.

Con Rufin


Quali documentari hai realizzato? 

“Tennikyo, una tradition en toge noire” (60 min., 2006), “Aun nom de…” (17 min, fiction, 2005), “On noible pais, on pardonne” (de Annette Kollamba Matondo, 26 min, 2010). Il primo lavoro si centra sulla giustizia in Congo, il secondo è una fiction che racconta la storia di un ragazzo di buona famiglia che incontra una ragazza muta. L’ultima produzione invece tratta del massacro avvenuto in Congo. Durante l’ultima guerra civile una parte della popolazione si era spostata nell’altra parte del Congo (La Repubblica Democratica del Congo). Il Governo e l’Alto Commissariato dell’Onu avevano organizzato il rimpatrio ma nel frattempo si perpetuava un genocidio tra la popolazione civile. Il film è di realizzazione francese ed io ho collaborato con la produzione. Questo lavoro cinematografico nel mio paese ha avuto un gran seguito che è sfociato anche nella stesura di un libro.

Il film è stato poi presentato al Festival di Cannes e nel Festival Cin sud della città di Bordeaux ed in quest’ultima Kermesse ha ricevuto il premio del pubblico. Ha inoltre partecipato al Festival IDFA di Amsterdam del 2006, al DOC FESTIVAL nel 2007 in Germania, al Quebec Wafrique in Canada ed in Africa del Sud al ENCOUTERS.

Quale altro lavoro hai realizzato?

Ho realizzato come ultimo lavoro un film girato ed ambientato in Romania sulla gente del Congo Belga (ex Zaire) che vive lì. Racconta la storia di un gruppo di 30 ragazzi congolesi che erano stati assunti come autisti di taxi a cui gli era stato promesso un ottimo guadagno ed una vita in compagnia delle loro famiglia in Romania. In realtà questa situazione non si è verificata in quanto questi poveri ragazzi son stati super sfruttati e mal pagati. L’assunzione era avvenuta tramite un intermediario congolese che aveva contattato la più grande compagnia di taxi Rumena promettendo ai ragazzi mari e monti.

Questi giovani hanno cercato di ribellarsi ed hanno denunciato la situazione al Ministero del Lavoro in Romania che attraverso un giudizio legale ha poi multato questa compagnia di taxi, ma la stessa società per vendetta ha poi recesso tutti i contratti dei 30 ragazzi africani e li ha addirittura denunciati all’ufficio emigrazione che ha li ha definitivamente espulsi dal paese. Alcuni son ritornati in Africa mentre altri hanno chiesto ed ottenuto l’asilo politico.

I guai peró non sono terminati. Questi giovani giunti in Congo hanno poi vissuto il rifiuto delle loro famiglie e della società in quanto ritenuti dei falliti. Qui, in alcuni paesi dell’Africa funziona cosí. Un emigrante che ritorna a casa senza soldi, vuol dire totale emarginazione. Anche perché le famiglie di questi giovani che partono s’indebitano all’inverosimile e quindi se si ritorni più povero di prima, la famiglia ti allontana definitivamente.

Che cos’è per te il cinema?

La mia vita. Il cinema è uno strumento di denuncia dove ognuno di noi ha una missione da compiere e la mia è quella di denunciare quello che accade soprattutto nel mio paese. Mi ritengo un narratore di vita ed un creatore d’immagini.

Quali film italiani hai visto e qual è il tuo giudizio generale sul cinema italiano?

Ho visto alcuni classici del cinema italiano soprattutto quelli del genere neorealista di Federico Fellini e Roberto Rossellini. Tra l’altro il genere neorealista si studia durante gli anni di formazione in quanto rappresenta una scuola di riferimento molto importante. Il cinema italiano è ritenuto molto importante per gli studi. Ho seguito il Western all’Italiana di Sergio Leone e come ho già detto il Neorealismo di Fellini riconosciuto a livello internazionale. Poi tempo fa ho visto il film “Mio fratello è figlio unico” di Daniele Luchetti. L’ho visto in italiano e coi sottotitoli rumeni e non ho capito nulla ma mi è piaciuto tantissimo per la tecnica e per il taglio delle immagini. Mi ha colpito poi l’inversione dei ruoli attuata dal protagonista che all’inizio recita la parte del cattivo e poi quella del buono. La lotta e la presenza dei due partiti, quello Fascista e quello Comunista e lo scambio delle differenti situazioni che vivono queste due organizzazioni, è risultato molto intrigante. 


Hai visitato Napoli in questi giorni. Cosa ne pensi di questa città?

Napoli mescola modernità e antichità in spazi molto ristretti tra loro e questo lo si nota soprattutto nel centro storico. Non è facile descriverla con due parole però i luoghi visitati sono risultati molto interessanti. La città si presta come una buona location per girare un film o qualche documentario e anche grazie alla folta presenza di immigrati africani presenti in città che possono rappresentare dei buoni soggetti ed oggetti cinematografici. Della città mi hanno colpito i ragazzini che giocano in strada: hanno un’aria chic (elegante dal francese ndr). Inoltre, mi è piaciuta la zona archeologica nella zona flegrea intorno a Pozzuoli. Non avevo mai visto un anfiteatro cosi grande e dei resti archeologici cosi belli (scavi di Cuma ndr). Infine, della città di Napoli mi ha colpito il calore umano della gente. Questo ultimo aspetto mi è piaciuto tantissimo anche perché non ero mai stato prima in Italia.

Dell’Italia che notizie avevi?

Le ultime notizie giuntemi dall’Italia, ancor prima della mia visita, erano state quelle relative agli sbarchi degli immigrati. Avevo paura prima di arrivarci perché pensavo di ricevere un clima ostile e continui controlli. Poi però la realtà è stata ben altra e ben differente. In sostanza è stata una bell’esperienza ed una bella scoperta.

Laura, Davide e Rufin in stazione prima del saluto.


http://www.youtube.com/watch?v=0ixPZ_2_K-w&list=UUHPcn0B_wBUU41fTeDW_dEg&index=2&feature=plcp

miércoles, 8 de julio de 2020

¡Negro! Sobre el asesinato de George Floyd

¡Negro!

Sobre el asesinato de

George Floyd

Alessandra Riccio 

Docente de la Universidad Orientale de Nápoles, corresponsal de “L’Unità” en Cuba,

codirectora con Gianni Minà de la revista LatinoAmerica.


El mural del artista napolitano "JORIT" en Barra (Nápoles)

Traducción de Davide Matrone 

¡No soy un negro, soy un hombre!" 

Así el escritor James Baldwin quería explicar el enigma del racismo. No es el color de la piel, no es el origen africano, un hombre se vuelve negro cuando los ojos que lo miran lo ven diferente. Para ser un negro, Baldwin - un afroamericano de Harlem que pasó la mayor parte de su vida en Francia denunciando la discriminación racial y sexual de su país - sostenía que debes ser visto por miradas que en esa diferencia de piel quieren ver inferioridad y servidumbre. Baldwin murió en 1987, pero hace unos años, en 2016, Raoul Peck editó muchas de sus entrevistas y declaraciones en un documental que también fue nominado para un Oscar, y le dio un bonito título: "I am not Your Negro" (No soy tu negro), un documental que es una lección sobre racismo. Nada nuevo, por supuesto: en 1937 Billie Holiday cantaba Strange fruit, y esas frutas extrañas eran los negros linchados por racistas y colgados de las ramas de los árboles como advertencia.

Entre las primeras lecturas que me revelaron el horror del racismo contra los negros, hay una edición de Einaudi de 1970 de “Los hermanos de Soledad”, la historia de los hermanos Jackson, uno, George, en prisión con una condena por robo en una estación de servicio y luego, junto con otros dos, por el asesinato de un policía durante un motín en la prisión de Soledad. Son ellos los "hermanos de Soledad", tres jóvenes negros que han desarrollado sus ideas rebeldes en prisión declarándose militantes del Black Panther Party. El otro, su hermano carnal, Jonathan, de solo 17 años, ingresa a la sala del tribunal donde se juzga a George, lo libera, toma rehenes, incluido el juez, huye en una camioneta pero, en el tiroteo policial, muere junto con otros. Angela Davis, también militante de Black Panther, fue acusada de introducir en la prisión el arma encontrada en posesión de Jakson.

En pocos meses, esta terrible tragedia se consuma con la muerte de George Jakson en la prisión de San Quentin, disparado desde atrás por un carcelero. Pero tuvo tiempo para contar los hechos y la muerte de su hermano de diecisiete años, de contar las persecuciones contra los detenidos, sobretodo negros, las violaciones y el incumplimiento de las leyes. Pasó menos de un año y, en 1971, estalló el mayor levantamiento que recordamos (y la represión más atroz) en la prisión neoyorquina de Attica. Ladrones, criminales, rebeldes, discriminados y los negros son siempre los peores culpables. Angela Davis también es afrodescendiente, es comunista y también milita en las Panteras Negras; apoyó ese poderoso movimiento articulado con posiciones pacifistas, rebeldes y armadas, como el Ejército de Liberación Negra (BLA en inglés) que incluía a Assata Shakur, aún hoy uno de las "terroristas más buscadas" por los Estados Unidos, incluso si hay poco que buscar ya que todos saben que Assata vive como refugiada política en Cuba desde 1984.

En esos terribles años setenta en los Estados Unidos había una guerra. Para conmemorar los 40 años de la masacre de Attica, el filósofo y profesor de la Universidad de Princeton, el negro Cornel West, retrató el trauma, el estigma, el miedo de los afroamericanos después de eso y muchas otras represiones brutales: "Cuarenta años después estamos aquí para conmemorar esta lucha frente al trasfondo histórico de un pueblo que ha estado tan aterrorizado, traumatizado y estigmatizado a tal punto que hemos aprendido a permanecer asustados, intimidados, siempre temerosos, desconfiados el uno al otro. Pero la rebelión de Attica fue un contraataque en esta dirección. Lo llaman la "negrización" de un pueblo, no solo del pueblo negro, porque Estados Unidos han sido negrizados después de ese día. Cuando te niegan como negro, eres inseguro, indefenso, sujeto a violencia al azar, odiado por lo que eres. Uno tiene tanto miedo de pertenecer a los poderes que existen y está dispuesto a dejarse dominar. Y esta es la historia de los negros en los Estados Unidos".

Conocí y entrevisté a Assata Shakur varias veces, en Cuba. Escuché por su propia voz las fases dramáticas de su arresto, su detención, las diversas fases de los juicios en los que resultó ser inocente, especialmente por la acusación de haber disparado al policía que la arrestó, por la fuerza extraordinaria que las mujeres de su familia le dieron, especialmente la incansable tía abogada, por su solidaridad con Silvia Baraldini, acusada de haber prestado su automóvil al movimiento de las Panteras Negras, por los veinticuatro años de prisión en Estados Unidos sin la retracción que se esperaba de una mujer blanca. Silvia fue luego extraditada a Italia gracias a un importante movimiento de opinión y al interés del entonces Ministro de Justicia, Diliberto. Miré a los ojos de la mujer solitaria, respeté su silencio de los años en que, escapada de la prisión en un operativo de BLA, de 1979 a 1984 desapareció, como muerta, también y sobre todo por su madre y su hija. Cuba era el único lugar en el mundo donde podía sentirse segura, y todavía lo es hoy, cuando la Administración Trump vuelve a aumentar la recompensa por su captura para convertirla en una presa muy buscada. No solo Trump, sino que Obama y otros antes que él intentaron usarla como arma de intercambio con los Cinco agentes cubanos arrestados en Florida y finalmente regresaron a su tierra natal en ese breve período en el que podría haber parecido que Estados Unidos había decidido cambiar su política oxidada contra Cuba.
La historia de los afroamericanos es mucho más larga y más complicada de lo que dije en este resumen muy personal; principalmente he hablado de combatientes en guerra con el poder de la nación, preparados para sufrir las consecuencias de una guerra. Pero George Floyd no militaba, no hizo robos para autofinanciarse, no desafió el poder; simplemente fue a comprar cigarrillos con un billete de veinte dólares, tal vez falso; esperó en silencio en el automóvil a que llegara la policía, se dejó esposar y tirar al suelo. Durante nueve minutos interminables, pidió poder respirar, mientras que tres policías lo detuvieron y el cuarto presionó su rodilla contra su cuello y un quinto se encargó de que nadie se le acercara. La cámara inevitable se hizo cargo, se encontró con la mirada helada del policía que escenificó la muerte en vivo y la difundió por todo el mundo. No es la única muerte arbitraria impuesta por los organismos encargados de hacer cumplir la ley en el mundo; desafortunadamente, conocemos muchos de estos abusos de poder, pero aquí el odio del blanco hacia el negro congela. Y una vez más trajo el tema del racismo, cuestionando a nosotros también. Jorit, el artista callejero que trabaja principalmente en Nápoles, dibujó en un techo de la zona de Barra los rostros de Lenin, Malcom X, Angela Davis, Martin Luther King y George Floyd y, debajo, una pancarta que grita: “Es hora de cambiar el mundo". En una marcha en una de nuestras ciudades, un letrero decía: "Confía en mí, el Mediterráneo también te deja sin aliento". Y en todo el mundo gritamos: 

“Black Lives Matter,

la vida de los negros vale


publicado en italiano en:

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