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viernes, 26 de febrero de 2021

Encuesta: Segunda Vuelta Ecuador 2021

 Encuesta: Segunda Vuelta Ecuador 2021



¿Usted considera que hubo fraude en la primera vuelta?

176 respuestas

Si: 98 votos - 55.7%

No: 55 votos - 31.3%

No sé: 23 votos - 13.1%

¿Por quién votó en la primera vuelta?176 respuestas¿Por quién ha votado en la primera vuelta?176 respuestasAndrés Arauz: 66 votos - 37.5%Xavier Hervas: 31 votos - 17.6%Guillermo Lasso: 23 votos - 13.1%Voto nulo: 18 votos - 10.2%Yaku Pérez: 17 votos - 9.7%Pedro José Freile: 8 votos - 4.5%Abstención: 6 votos - 3.4%Cesar Montufar: 6 votos - 3.4%Gustavo Larrea: 1 voto - 0.6%

Andrés ArauzLucio GutierrezXimena PeñaGuillermo LassoYaku PérezIsidro RomeroGustavo LarreaGerson Almeida1/317.6%9.7%13.1%37.5%
Andrés Arauz66
Lucio Gutierrez0
Ximena Peña0
Guillermo Lasso23
Yaku Pérez17
Isidro Romero0
Gustavo Larrea1
Gerson Almeida0
Xavier Hervas31
Pedro José Freile8
Guillermo Celi0
Juan Fernando Velasco0
Paúl Carrasco0
Cesar Montúfar6
Giovanny Andrade0
Carlos Sagñay0
Nulo18
Blanco0
Abstención/Ausente6

Andrés Arauz64
Lucio Gutierr0
Ximena Peña0
Guillermo Lasso22
Yaku Pérez14
Isidro Romero0
Gustavo Larrea1
Gerson Almeida0
Xavier Hervas30
Pedro José Freile8
Guillermo Celi0
Juan Fernando Velasco0
Paúl Carrasco0
Cesar Montúfar5
Giovanny Andrade0
Carlos Sagñay0
Nulo17
Blanco0
Abstención/Ausente6
¿Por quién vota en la segunda vuelta?173 respuestasAndres Arauz: 74 votos- 42.8%Guillermo Lasso: 54 votos - 31.2%Nulo: 36 votos - 20.8%Abstención: 5 votos - 2.9%Blanco: 4 votos - 2.3%
Andrés ArauzGuillermo LassoNuloBlancoAbstención/No voy20.8%31.2%42.8%
Andrés Arauz74
Guillermo Lasso54
Nulo36
Blanco4
Abstención/No voy5

sábado, 20 de febrero de 2021

Intervista alla scrittrice ecuadoregna Raquel Rodas.

Ripropongo un articolo scritto 10 anni fa, durante la Feria Internazionale del libro di Quito.


Intervista alla scrittrice ecuadoregna Raquel Rodas autrice del libro “Transito Amaguaña su testimonio”.

Raquel Rodas 


Raccontaci di questo libro su Transito Amaguaña?

Questo libro fa parte della saga "la resistenza delle donne indigene in Ecuador".

Transito Amaguaña mi ha sempre affascinato per il suo coraggio e per la sua ribellione. Per questo motivo decisi di cercarla.

Andai a visitarla a Cayambe dove viveva, per poter conoscere la sua vita come leader e come donna che aveva conosciuto il maltrattamento, la solitudine e l’abbandono.

L’ho incontrata ventitrè volte. Nel corso di queste interviste ho valorizzato sempre di più la sua  presenza, la sua parola, la sua storia, la sua tradizione. Una donna che cominciò a militare nel movimento indigeno già all’età di 14 anni, quando era già sposata. La sua mamma l’aveva fatta sposare per evitare che il suo padrone la violentasse. Partecipava alle riunioni dei movimenti indigeni della sua zona con i suoi figli piccoli. Il marito la maltrattava tutte le volte che ritornava dalle riunioni perché pensava che lei andasse a vedere i bianchi. A quell'epoca si pensava che una donna si riunisse con altri meticci per incontrare un amante. Nonostante questi pregiudizi, lei resisteva ai maltrattamenti e alle umiliazioni ogni volta che ritornava a casa. Fece parte del Partito Comunista in compagnia dell’altra leader indigena Dolores Cacuango già una leader consacrata e un’eroina nazionale.

Dolores fu una donna molto rispettata perché organizzò il primo Movimento Indigeno: La Federazione Ecuadoriana degli Indigeni.

Transito seguì i suoi passi e fu una specie di alunna privilegiata in quanto dimostrava un talento eccezionale con una grande facilità di parola, di conoscenza, di convincimento ed era molto brava nell’organizzare la gente. Fu apprezzato ben presto il suo coraggio più dei suoi valori e più della sua parola brillante. Era una donna molto coraggiosa che non aveva paura di nessuno tanto che otteneva sempre quello che voleva.

La sua lotta è servita a qualcosa?

Certamente! La lotta di Transito, come quella di Dolores, di Angelita e di altre donne furono realizzate in un periodo in cui gli indigeni venivano repressi. Queste donne furono a capo di questi movimenti e li condussero ad un’organizzazione sempre più forte e sempre più organizzata e questo grazie anche ai sindacati. Inoltre, attraverso la Federazione Nazionale degli Indigeni ebbero i loro risultati.

Transito Amaguaña è morta 2 anni fa. Continua ad essere un punto di riferimento per i movimenti indigeni e per le donne del Paese?

Si, continua ad essere un punto di riferimento sia per gli indigeni che per i meticci e continua a preservare la caratteristica di una donna combattiva, di una donna che ha consegnato la sua vita alla ricerca dei cambiamenti sociali necessari.

Questo non è il suo primo libro, vero?

Si, ho già scritto altri libri su altre donne come Dolores Cacuango, Luisa Gòmez de La Torre. Inoltre, ho scritto un'opera sulle maestre che hanno avuto un ruolo importante in ogni provincia del Paese ed anche di alcune donne che hanno cominciato a costruire il movimento femminista in Ecuador che è stato un movimento di rottura nella metà del XX secolo. I miei libri parlano sempre di donne che sono riuscite attraverso di mille cammini e difficoltàDonne che non si sono arrese mai e che hanno lottato e costruito le nostre aspirazioni.

Qual è il ruolo della donna attuale nella società ecuadoregna?

La donna prima di tutto deve appoggiare la crescita di una società di pace. La donna deve guidare i processi di cambiamento che siano a beneficio di tutti. Deve essere protagonista in una società che elimini tutte le forme di violenza, tutte le forme d’ingiustizia e di oppressione tanto per le donne che per i loro bambini. Deve far crescere una società che presenta ancora dei ritardi nel campo economico, culturale e sociale.

Cosa pensa di questa Feria del Libro a Quito?

La Feria Internazionale del Libro di Quito è un grande spazio per scambiare prodotti creativi.

Tuttavia, penso che debba essere perfezionato negli anni perché ci sono alcuni piccoli errori che stanno diminuendo l’efficacia dell’evento. Però tutto sommato credo che bisogna appoggiarlo perché coinvolge molte persone di qualsiasi età, un differente pubblico che si alimenta di un prodotto differente che è il libro e l’arte.

sábado, 13 de febrero de 2021

Intervista a Francesco Maniglio, sociologo e docente di economia política in Ecuador.

Intervista a Francesco Maniglio, sociologo e docente di economia política in Ecuador

di Davide Matrone 

Come analizzi i risultati delle elezioni Presidenziali in Ecuador?

I dati non sono ancora defintivi, tuttavia abbiamo Arauz al primo posto con un 32% dei voti, al secondo posto si registra un pareggio tecnico tra Lasso, il candidato della destra, e Yaku Pérez del partito indigenista di Pachakutik. A grande sorpresa, al 4° posto troviamo Xavier Hervas che si attesta intorno al 16%. Questi i dati a disposizione per il momento. Nel frattempo il CNE si è dato due settimane di tempo per dare i risultati definitivi. Quindi, in questo momento non si possono fare speculazioni sul secondo posto. Tuttavia, possiamo realizzare un analisi evidenziando tre grandi vincitori e un grande perdente.

Chi ha vinto e chi ha perso, secondo te?

I tre grandi vincitori sono Arauz, il partito Pachakutik ed Hervas. Il primo, nonostante la persecuzione politica che ha sofferto il Correismo negli ultimi 4 anni, nonostante l’esilio di quasi tutti i suoi lider e nonostante le esigue risorse per la campagna elettorale, è riuscito ad attestarsi intorno al 32%. Questo significa che mantiene il voto conseguito nella Consulta Popolare del 2018. Arauz riesce a condensare il voto duro del Correismo contro il blocco anti-correista che si è creato nella stessa consulta del 2018. E’ molto importante la questione dei blocchi per comprendere meglio la presenza del secondo candidato costituito dal partito Pachakutik.  A mio avviso, in una forma poco complessa, la vittoria di Pachakutik è stata interpretata, dalla stampa internazionale, come la vittoria della protesta dell’ottobre del 2019. Dal mio punto di vista e da altri dentro dello stesso movimento indigeno della CONAIE, quest’interpretazione potrebbe essere falsa. Diciamo che Pachakutik è cresciuto come partito dentro del blocco di cui parlavo prima, conformatosi durante la consulta popolare di circa tre anni fa. Il risultato elettorale di queste elezioni è un calco di quello del plebiscito popolare. Un calco sia dal punto di vista elettorale, ma anche un riflesso delle divisioni regionali. Il correismo ha vinto nel 2018 nella regione costiera, a gran maggioranza montuvia, mentre nella Sierra e nell’Amazzonia, ad alta coesione e identità indigena, si è conformato un blocco anticorreista. Questo blocco attuale, nel passato era composto da Lasso, Nebot, Pachakutik e Lenin Moreno. Tuttavia, non c’è dubbio che la protesta di ottobre abbia portato la questione indigena alla superficie e soprattutto abbia visibilizzato la questione razziale molto spesso nascosta dai mezzi di comunicazione e dall’opinione pubblica dell’Ecuador. Finalmente la questione razziale si pone nel piano piú centrale dell’opinione pubblica. Anche se la protesta di ottobre è stata capitalizzata dalla destra del movimento indigeno rappresentata da Yaku Pérez nel blocco con Lasso, Moreno e Nebot, finalmente la stessa mobilitazione popolare ha portato avanti quei discorsi e quelle rivendicazioni che altrimenti non sarebbero potute emergere. Al quarto posto, dicevamo, troviamo il candidato Xavier Hervas che frettolosamente è stato etichettato come il candidato tiktokero che prende un voto trasversale dai giovani. Riguardando i precedenti di Hervas e la sua campagna elettorale direi che questo candidato non rappresenti una novità, bensí il suo voto proviene dall’ambiente della destra di Lasso-Nebot. La destra storica ecuadoriana di Creo e PSC ha cercato un accordo con il candidato social-democratico. In quest’accordo, evidentemente, alcune componenti sono uscite ed hanno appoggiato Hervas che, nonostante si presenti con un partito di Sinistra, ha un discorso vicino alla destra imprenditrice, ai giovani laureati e parla anche ad una categoria che in Ecuador era sconosciuta e cioé, la componente giovane acculturata. Hervas spesso tocca in questa massa laureata e acculturata che non si avvicina piú ad Arauz e nemmeno a Yaku Pérez. Hervas ha cavalcato il cavallo di battaglia della lotta alla corruzione e all’efficienza e ha cosí conquistato, da destra, oltre il 15% dei voti. Se osserviamo i blocchi, dopo questa premessa, notiamo che Hervas, Lasso e Pachakutik hanno insieme il 65% dei voti, mentre il Correismo ha il 35%. Quindi, in Ecuador l’analisi del voto va fatto in base all’analisi di questi tre blocchi.

Lo sciopero nazionale dello scorso ottobre, in che forma ha influito in queste elezioni? e perché?

Lo sciopero ha sancito una rottura abbastanza dura dentro del movimento indigeno che spiego in due punti. Il primo si associa all’attuale candidato di Pachakutik che è parte del blocco neoliberista che non voleva assolutamente una protesta in ottobre. Il secondo aspetto è che la sollevazione indigena nasce come una dura protesta contro le politiche neoliberiste imposte dal Fondo Monterario Internazionale ma soprattutto come una protesta della base indigena contro i propri lider che avevano firmato le proposte neoliberiste di Moreno. Infatti, Leonidas Iza, che è il lider indigena della mobilitazione popolare, porta in piazza la dura critica non solo contro Lenin Moreno ma anche contro i lider del Pachakutik in quanto parte del blocco neoliberista. Un mese dopo il famoso ottobre 2019, Yaku Pérez irrompe dentro il movimento indigena e si prende Pachakutik. Quindi la protesta paradossalmente fortifica la persona Yaku Pérez e marginalizza Leonidas Iza. Tuttavia, la rottura avviene all’interno delle relazioni di forza del partito, ma non nel campo del potere pubblico perché gli indigeni hanno votato a livello coeso la figura di Yaku in quanto indigeno.

Però esistono delle contraddizioni al suo interno.

Sí, certamente. Nello scenario attuale il blocco indigeno si può rompere perché Leonidas Iza porta avanti un’opposizione interna al suo movimento ed ora con l’attenzione mediatica rivolta al movimento, lo stesso Iza concentra la sua campagna politica su tre punti principali: 1) il non estrattivismo, 2) no al Trattato di Libero Commercio con gli Stati Uniti, 3) nessun accordo con il FMI. Penso che nel blocco odierno Yaku Pérez non possa portare avanti questi tre principi e quindi nel futuro s’intravede una lotta interna che farà bene allo stesso movimento per visibilizzare maggiormente una serie di rivendicazioni sociali importanti. Nonostante ció, Yaku Pérez ha una possibilità storica: la rivendicazione della plurinazionalita come politica pubblica di Stato. Questo metterebbe al centro dell’attenzione il problema strutturale del razzismo in Ecuador. Il blocco composto da Lasso, Yaku ed Hervas si puó rompere solo ed esclusivamente da dentro del movimento indigena. Non verrà da Hervas perché non ha base sociale, non verrà dalla destra perché non ci sono le condizione al momento. Queste rotture permetteranno al movimento indigeno di svegliarsi e rompere con le elite di destra presenti al suo interno.

Perché questo non avviene ancora?

Dobbiamo spiegare qualcosa che in Europa non si comprende facilmente. Questa rottura difficilmente si da per questioni di carattere culturale. Nella cosmovisione indigena non è facile creare il conflitto e la rottura con le gerarchie.  In Europa quando all’interno di un partito ci sono delle rotture incolmabili, si genera la scissione del partito e la nascita di uno nuovo. Ultimo caso italiano è la rottura di Renzi con il PD che ha poi formato un nuovo partito. Qui, non funziona cosi, altrimenti il movimento indigena in questo momento storico sarebbe fuori da Pachakutik che non ha nemmeno la maggioranza all’interno della CONAIE. Qui, invece di rompere con le gerarchie si aspettano momenti migliori per portare avanti le proprie idee. Pachakutik è governato da una elite minoritaria di destra ma con un elettorato a maggioranza di sinistra eppure resta unito. Incomprensibile per noi europei, peró la cosmovisione indigena determina questa situazione.

Andiamo al campo internazionale. Secondo te, quali sono le alleanze internazionali in gioco per il futuro dell’Ecuador.

A livello internazionale con la vittoria di Biden è cambiata la tattica ma non la strategia degli Stati Uniti. Con Biden si aspetta un colpo di stato blando per la riappropiazione del potere dentro di uno schema piú soft che abbiamo già visto, tra l’altro, con il periodo di Moreno. Yaku in questo senso rappresenta il personaggio adatto perché nel campo sociale ferma il conflitto sociale in Ecuador ma dall’altro lato da passo all’intervento della banca privata, al FMI e al TLC con gli USA. Qunidi è l’ideale a livello internazionale come un attore di riappacificazione sociale e di unità dentro del blocco anti- correista che un Lasso diversamente non riuscirebbe perché non appacificherebbe socialmente. Qundi non è in dubbio che gli Stati Uniti appoggino Yaku. Inoltre, quest’ultimo si è espresso contro Evo Morales in Bolivia, a favore di Almagro e dell’OEA.

Facciamo una critica al correísmo. Arauz riuscirà a vincere al secondo turno? Come?

Il correismo non è avanzato oltre il 32% perché non è riuscito a proporre un tema nuovo se non lo stesso di sempre e cioé: maggiore investimento dello stato, il recupero della Patria, un’economia piú autarchica. Il Correismo non è andato oltre questo e al suo interno non sono state assunte una serie di lotte per i diritti civili che oggi sono senitite all’interno della societá civile con maggiore maturità. Questi temi li ha cavalcati in campagna elettorale Yaku Pérez che ha un discorso sui diritti civili piú progressista rispetto a quello di Arauz. Dal mio punto di vista il correismo deve produrre un discorso piú progressista che guardi alla plurinazionalità, che non accetti accordi con il FMI e il TLC con gli USA. E che cominci a fare soprattutto autocritica.

In questa disputa che si è aperta tra Lasso e Yaku Pérez, che cosa prevedi?

Sembra che i due attori si uniscano in questo schema denominato Ecuador Unido. Secondo me, questo riconteggio è una scenata ed un modo per creare tensioni e aumentare l’isolamento politico al correismo. Di fatti, inmediatamente il candidato Hervas ha già detto di appoggiare Lasso per combattere il modello correista. Quindi, si sono già dichiarate le forze in campo. Rispetto a Yaku Pérez bisogna stare attenti alle mosse di Leonidas Iza e alla base del movimento che stanno giá prendendo le distanze da Yaku per il dialogo intavolato con Lasso. Questa corrente interna al movimento indigena potrebbe essere l’ago della bilancia e capire quanti voti andranno verso Arauz e quanti verso Lasso.

In definitiva c’è qualcosa di strano. In Ecuador, in queste elezioni ha vinto la sinistra che non vuole il neoliberismo peró, paradossalmente, invece di costruire un’alleanza organica al suo interno, si parla di divisioni e di accordi addirittura con la destra. Forse ci sono interessi geopolitici alti che non vogliono che questa sinistra sia unita.   

lunes, 8 de febrero de 2021

Boom della sinistra in Ecuador. E c’è un indigeno al ballottaggio

 INTERNAZIONALE

Boom della sinistra in Ecuador. E c’è un indigeno al ballottaggio

Presidenziali. Con il 32% vince il delfino di Correa, Arauz. Secondo a sorpresa Pérez. La destra di Lasso stracciata, perde anche nella sua roccaforte. Ottimo risultato anche per Sinistra democratica di Hervas, l’outsider che conquista i giovani.



Le elezioni in Ecuador non hanno ancora sancito il nuovo presidente della Repubblica. Il più votato è stato Andrés Arauz, delfino dell’ex presidente Rafael Correa, che ha ottenuto oltre 2 milioni e mezzo di voti superando il 32% delle preferenze.

Il risultato conferma un voto cosciente e stabile di alcuni segmenti della società verso il correismo che gode ancora di un buon consenso popolare. Ci si attendeva di più ma non è niente male, considerando l’incessante campagna mediatica contro dei mezzi di comunicazione privati e nonostante la costante persecuzione politica diretta a tutto l’apparato dirigente del partito di Correa.

Questo voto cosciente, che si aggira intorno al 30%, è lo stesso che si vide nella consultazione popolare del 2018 quando il «no» (sostenuto solo da Correa & Company) raggiunse una media nazionale del 32,9% nei 7 quesiti referendari. Ma il risultato non è sufficiente per designare Arauz come il nuovo mandatario del paese e mandarlo a Palazzo Carondelet, sede della presidenza dell’Ecuador.

Nell’articolo 89 della Legge organica elettorale e nel Codice della Democrazia (promulgato nel 2009 e modificato nel 2012) si sancisce che nella prima votazione bisogna raggiungere il 40% dei voti distanziando il secondo candidato del 10%. Non è avvenuto. Nonostante l’obiettivo fallito e al primo tentativo, il morale del candidato della sinistra è alto.

«La giornata di oggi ha mostrato chiaramente la vittoria del nostro partito che avanza in tutti i territori», le prime dichiarazioni di Andrés Arauz dopo gli exit poll diffusi dal Consiglio nazionale elettorale, venti minuti dopo la chiusura dei seggi. «Oggi, la vittoria dell’Unione per la Speranza (Unes) è chiara, siamo i primi. È un trionfo rappresentativo del territorio nazionale», ha poi detto in una conferenza stampa celebrata nella capitale nell’Hotel Mercure.

Arauz, economista esperto in statistiche e matematica, ha spiegato che il Cne ha compiuto un’imprecisione tecnica nel presentare i dati con un conteggio rapido solo con il 90% dei campioni e senza attendere la sua conclusione. Il primo exit poll dava Arauz al 34%, Lasso al 24% e Yaku Pérez al 15%. Poi, con il passare del tempo le variazioni sono state importanti fino a far crescere l’incertezza sull’altro candidato che sfiderà Arauz nel ballottaggio il prossimo 11 aprile.

Il conteggio va a rilento: Yaku Pérez è dato al 20,04% sul gran perdente di queste elezioni, Guillermo Lasso della destra neoliberista fermo al 19,97% che attende il responso finale dei risultati. «Riconosceremo il risultato al 100% delle schede conteggiate».

Fin qui, il voto ci dice alcune cose. La sonora sconfitta della destra. L’alleanza indigesta e forzata tra Lasso e Nebot non ha assolutamente funzionato. Il dato più rappresentativo di questa debacle si evidenzia nella regione del Guayas, governata dai socialcristiani di Nebot, che hanno portato un secondo posto inatteso contro il candidato della sinistra Arauz che ha ottenuto il 41,8% contro il 25,3% di Lasso.

In questa elezione perde oltre un milione di consensi, se comparati alle elezione del 2017. Per conquistare Palazzo Carondelet, ha bisogno di alleanze strategiche e territoriali. Alleanze che non hanno funzionato nelle due precedenti tornate elettorali.

L’altro elemento politico importante è la sorprendente vittoria del dirigente indigeno Yaku Pérez che ha eguagliato i risultati elettorali del 1996 e 2002 del partito Pachakutik che aveva raggiunto il 20% dei consensi ma senza giungere al ballottaggio.

Dopo un calo impressionante di consensi degli ultimi anni e con il minimo storico al 3,2% nel 2013, l’avvocato cuencano ha messo su una infaticabile campagna elettorale su tutto il territorio nazionale che gli ha consentito di conquistare ben sette regioni su 14 risultando il secondo partito a livello nazionale e conquistando una buona pattuglia in parlamento. Un risultato inedito nella storia del movimento indigeno dell’Ecuador che prevede seri cambiamenti nello scacchiere politico.

L’ex presidente della provincia di Azuay ha raccolto il voto di protesta del popolo dello sciopero nazionale dell’ottobre 2019 che aveva criticato energicamente le politiche neoliberiste imposte dal Fondo monetario internazionale.

«Con certezza, siamo al secondo posto e quindi al ballottaggio. Vigileremo con attenzione il voto e la volontà popolare. Rispettiamo democraticamente il risultato elettorale. Nasce una nuova proposta politica basata nella riconciliazione nazionale», ha dichiarato entusiasta Yaku Pérez quando era stato scrutinato il 98% dei seggi elettorali.

Infine, i risultati elettorali ci consegnano un’altra bella sorpresa: il buon consenso ottenuto dal candidato della Sinistra democratica, Xavier Hervas, in quarta posizione con un sorprendente 16%. Outsider della politica, ha conquistato l’elettorato giovanile tra i 16 e 21 anni (il 65% dei suoi consensi) grazie alla sua efficace strategia comunicativa basata sull’uso delle reti sociali e soprattutto dei Tik Tok, tanto da ribattezzarlo come il «candidato tiktoker».

Questo giovane imprenditore ha conquistato una regione, quella della capitale, che potrebbe lanciarlo alla corsa per le prossime elezioni amministrative del 2023 per la conquista della fascia tricolore di sindaco di Quito.

Questo scenario apre la porta a un cambiamento del panorama politico dell’Ecuador. Uno scacchiere non più polarizzato come in passato, ma multipolare con quattro attori di cui tre di sinistra (sinistra movimentista, sinistra riformista, socialdemocrazia) con la possibilità di formare governi di coalizione.

Con i dati a disposizione, si conforma la nuova Assemblea nazionale che vede 48 parlamentari della Unes di Arauz, 26 parlamentari di Pachakutik di Pérez, 15 della Sinistra democratica di Hervas, 14 del Partito Social Cristiano e 9 del partito Creo di Lasso, 13 per le altre forze minori.

Bisogna capire quali saranno le strategie che metteranno in campo i due candidati del ballottaggio prima di arrivare a Palazzo Carondelet. Per saperlo, dovremmo attendere ancora alcuni giorni.

https://ilmanifesto.it/boom-della-sinistra-in-ecuador-e-ce-un-indigeno-al-ballottaggio/

miércoles, 3 de febrero de 2021

Elezioni Presidenziali Ecuador 2021

Domenica 7 febbraio l'Ecuador vota. 

di Davide Matrone 

Dalle ore 7.00 alle ore 17.00 di domenica 7 febbraio, i 13.099.150 ecuadoregni che hanno diritto al voto (17.480.180 popolazione totale) suffragheranno per eleggere il nuovo Presidente della Repubblica, i 137 parlamentari dell'Assemblea Nazionale e i 10 componenti (5 principali e 5 supplenti) del Parlamento Andino. I 12 binomi presidenziali accellerano la propria campagna elettorale negli ultimi giorni, visto che dal venerdí 5 febbraio tutti dovranno rispettare il silenzio elettorale. I primi a votare saranno gli 8307 detenuti il giorno venerdí 4 febbraio e il sabato spetterà ai 653 cittadini che per motivi di salute voteranno dal proprio domicilio come prevede il progetto governativo "VOTO A CASA!

I candidati presidenziali

Il primo dato che salta agli occhi è l'impressionante numero di partecipanti: ben 24 (12 candidati alla Presidenza e 12 candidati alla Vicepresidenza). Ecco i nomi: Lista 1-5 UNES Andrés Arauz, Lista 3 PSP Lucio Gutiérrez, Lista 4 EU Gerson Almeida, Lista 8 AVANZA Isidro Romero, Lista 10 FE Carlos Sagnay, Lista 12 ID Xavier Hervás, Lista 16 AMIGO Pedro Freile, Lista 17 - 51 MC Cesar Montúfar, Lista 18 Pachakutik Yaku Pérez, Lista 19 UE Giovanny Andrade, Lista 20 Democracia SÍ Gustavo Larrera, Lista 21 CREO/PSC Guillermo Lasso, Lista 23 SUMA Guillermo Celi, Lista 25 MC Juan Fernando Velasco, Lista 33 JP Paul Carrasco, Lista 35 AP Ximena Peña. 

Immagine 1: La scheda elettorale con tutti i candidati. Elezioni Presidenziali Ecuador 2021


Solo nelle elezioni presidenziali del 2006 si registr
ò un numero maggiore di candidati, ben 13 binomi presidenziali (26 candidati). In quell'occasione si presentava per la prima volta il giovane economista Rafael Correa che raccolse al secondo turno il 56.67%, contro lo sfidante della destra Álvaro Noboa che raggiunse il 26.83%. Fu l'inizio dell'era Correa durata piú di 10 anni.

     
Resultados
Rafaelcorrea08122006.jpg
Rafael Correa – PAIS
Votos 1.ª vuelta1,246,333
Votos 2.ª vuelta3,517,635 Green Arrow Up.svg 182.3 %
Escaños obtenidos2  
  
22.84 %
  
56.67 %
Álvaro Noboa.jpg
Álvaro Noboa – PRIAN
Votos 1.ª vuelta1,464,251
Votos 2.ª vuelta2,689,418 Green Arrow Up.svg 83.7 %
Escaños obtenidos28  
  
26.83 %
  
43.33 %

Risultati elezioni del 2006 con la presenza di 13 binomi presidenziali.(https://es.wikipedia.org/wiki/Elecciones_presidenciales_de_Ecuador_de_2006)

I sondaggi e gli scenari

I sondaggi realizzati dai vari istituti di ricerca (Cedatos, Perfiles de Opinión, Market, Clima Social e Atlas Intel tra gli altri) danno in vantaggio il candidato del centro - sinistra Andrés Arauz più o meno al 35% con un buono scarto sul candidato della destra Guillermo Lasso indietro con il 25% di preferenze. A contendere un posto per il Palazzo Carondelet (sede della Presidenza dell'Ecuador), c'è anche il candidato delle organizzazioni indigene Yaku Pérez fermo al 15%. Irrisorie o poco importanti le percentuali degli altri candidati in lista. In base all'art. 89 della Legge Organica Elettorale e il Codice della Democrazia (promulgato nel 2009 e modificato parzialmente nel 2012) si dichiara che:

Nel caso in cui nella I votazione nessun binomio presidenziale abbia raggiunto la maggioranza assoluta dei voti validi emessi, si realizzerà un secondo turno elettorale e in questa, parteciperanno i due binomi presidenziali più votati, in base all'articolo 143 della Costituzione. Non sarà necessaria la seconda votazione se il binomio presidenziale giunto al primo posto abbia ottenuto almeno il 40% dei voti validi e una differenza maggiore di 10 punti percentuali sul binomio presidenziale giunto al secondo posto.

A questi dati, se ne aggiunge un altro che potrebbe cambiare l'inclinazione dello scacchiere elettorale: l'alta percentuale d'indecisi che oscilla attorno al 40% (dati Cedatos). Inoltre, c'è da considerare il voto nullo che alle passate elezioni raggiunse il 7% e che possa aumentare di qualche punto percentuale in questa tornata elettorale. Il voto nullo storicamente in Ecuador non è andato oltre il 12%. Nelle elezioni del 2006 fu del 11.8%

Questi ultimi giorni saranno decisivi per generare due scenari, a mio parere:

1. La vittoria di Arauz al primo turno. Innanzitutto, per vincere bisogna conquistare una parte dell'elettorato indeciso. Il 35% non basta. Se Arauz dovesse farcela, ritorna il progressismo di sinistra in Ecuador com'è accaduto in Argentina con Alberto Fernández e in Bolivia con Luis Arce. Riprenderebbe un capitalismo di stato, un pos-progressismo con il ritorno dello Stato che dovrebbe legittimare maggiormente il settore pubblico rispetto a quello privato, realizzare politiche economiche di stampo neo-keynesiano mirate alla redistribuzione delle risorse dall'alto verso il basso e all'espansione monetaria. I nuovi governi pos-progressisti non avranno le stesse caratteristiche dei primi, saranno più moderati anche perché nel frattempo la spinta propulsiva dei movimenti e delle organizzazioni sociali di base si è quasi annullata per l'anno di Pandemia che non ha permesso nessuna azione politica e di rinnovamento. Tesi sostenuta anche dal giornalista, scrittore e analista politico uruguaiano Raúl Zibechi che ho intervistato qualche tempo fa

2. Ballottaggio tra Arauz e Lasso. Guillermo Lasso è quello che ha i numeri per giocarsi il ballottaggio con Arauz. Yaku Pérez, a mio avviso, non ha la forza di raggiungere il secondo posto e recuperare 10% di svantaggio sul candidato delle destra e in soli 2 giorni. E' un'opera titanica. In questo caso, si andrebbe a votare nuovamente l'11 aprile per il secondo turno. A mio avviso, il risultato del secondo turno non è scontato e dipende dalla differenza percentuale che divide i due candidati. Lasso avrebbe dalla sua due fattori: 1) l'alleanza degli altri 11 binomi presidenziali - che sono schierati tutti contro Arauz - eccetto Isidro Romero che è un candidato in piú della destra ma in funzione anti-Lasso, 2) le ingenti risorse economiche e l'alleanza dei grandi gruppi imprenditoriali del paese. Tuttavia, Lasso sembra non godere del consenso popolare e dei settori dei lavoratori. E' già al terzo tentativo e, analizzando i voti delle due passate elezioni del 2013 e 2017, al primo turno il suo consenso si aggira tra il 22% e il 28%. In altri termini, ha una buona forza elettorale ma non decisiva per vincere da solo. Ha bisogno di alleanze e nel 2017 nemmeno riuscí nell'intento.

Resultados
LENIN MORENO.jpg
Lenín Moreno – PAIS
Votos 1.ª vuelta3,716,343
Votos 2.ª vuelta5,062,018 Green Arrow Up.svg 36.2 %
  
39.36 %
  
51.16 %
Guillermo Lasso.jpg
Guillermo Lasso – CREO
Votos 1.ª vuelta2,652,403
Votos 2.ª vuelta4,833,389 Green Arrow Up.svg 82.2 %
  
28.09 %
  
48.84 %
https://es.wikipedia.org/wiki/Elecciones_presidenciales_de_Ecuador_de_2017

Un dato sembra inconfutabile fin qui. Il Correismo, nonostante la incessante campagna mediatica contro, perpetuata dai gruppi mediatici privati, e nonostante la incessante persecuzione politica a quasi tutto l'apparato dirigente del partito di Correa, è riuscito a conservare il 30% di consensi in questi 4 anni. Lo stesso appoggio si era già manifestato chiaramente nel referendum e nella consulta popolare dell'anno 2018 quando il NO (sostenuto solo da Correa) raggiunse una media del 32.9% nei 7 quesiti referendari. 

Resultados Referéndum y Consulta Popular 2018

PreguntasNoBlancosNulos
Votos%Votos%VotosVotos
Referéndum
Pregunta 17.036.60473.712.509.77326.29386.817585.167
Pregunta 26.115.59064.203.410.29835.80378.973610.738
Pregunta 35.983.06163.083.501.79736.92412.276619.393
Pregunta 46.959.57573.532.505.70526.47433.070618.414
Pregunta 56.486.18168.622.966.58331.38479.625585.081
Consulta popular
Pregunta 65.966.92363.103.489.51336.90450.745609.729
Pregunta 76.337.76867.313.077.78532.69538.273563.948

https://es.wikipedia.org/wiki/Refer%C3%A9ndum_constitucional_y_consulta_popular_de_Ecuador_de_2018

Gli ultimi 4 anni in Ecuador

Durante i primi mesi di governo, l'accettazione popolare di Lenin Moreno era molto alta (oltre 70%) per il suo discorso di apertura e dialogo con tutti, per la sua volontà di fare piazza pulita coi corrotti e corruttori.  Poi dopo un anno, le cose son cominciate a cambiare. Il dialogo con tutti si dirigeva solo verso una parte della società (le istituzioni bancarie,  i settori privati, le oligarchie e i gruppi imprenditoriali) e s'interrompeva con l'altra parte (i lavoratori, i sindacati e i movimenti indigeni). L'apice di quest'interruzione del dialogo con le parti sociali si agudizza con lo sciopero generale, durato 12 giorni  nell'ottobre del 2019. Con l'arrivo del Vicepresidente degli Stati Uniti Mike Ponce, nella seconda metà del 2018, il cambiamento politico ed economico dell'Ecuador è drastico. Si vira fortemente a destra in politica e in economia si accellerano le politiche neoliberiste che hanno lasciato il segno negativo soprattutto tra i lavoratori. Si registra dal 2018 al 2021: un ulteriore ridimensionamento dello stato nell'economia, una sostanziale riduzione della spesa pubblica soprattuto nell'educazione e nella salute, la minimizzazione del settore pubblico, la restrocessione dei diritti dei lavoratori, la svendita del patrimonio pubblico e forti processi di privatizzazioni. A questo si aggiunge: un aumento delle spese militari per la repressione interna contro i movimenti sociali e dei lavoratori, una militarizzazione del territorio, un incremento di politiche fiscali a favore delle imprese, una riduzione delle tasse all'uscita dei capitali e aumento delle agevolazioni fiscali per le imprese straniere nel paese. In pratica, l'Ecuador è ritornato ad essere il paese esclusivo per le poche e storiche elite di sempre. E finalmente, il famoso cortile di casa degli Usa. Cioé nulla di nuovo, si direbbe. 

Quattro anni satanizzando Correa e il socialismo del siglo XXI

Negli ultimi 4 anni tra le attività politiche e mediatiche prevalenti del governo e dei mezzi d'informazione privati e governativi c'è stata quella di attaccare Correa & Company. Attaccando Correa e i correisti si stigmatizzava allo stesso tempo un modello di sviluppo che le oligarchie conservatrici non hanno digerito nei 10 anni passati e cioé, il capitalismo di stato con il potenziamento del settore pubblico e con il tentativo di cambiare la matrice produttiva. Tre bestemmie, in pratica. Da queste parti, vuoi per la vicinanza dell'aquila statunitense, vuoi per i retaggi colonialisti sempre freschi di stampo europeo, lo Stato dev'essere gestito dai privati. Le oligarchie devono dettare il bello e il brutto tempo, il settore privato deve primeggiare e la maggioranza della popolazione deve stare sotto ricatto con il processo costante dell'indebitamento con le innumerevoli carte di credito in tasca che gonfiano i capitali delle banche private e del settore privato. In pratica tutto, o quasi, dev'essere privato: la scuola, la salute, la comunicazione, la telefonia, le assicurazioni, lo spazio sociale con i mega centri commerciali. In altri termini, il popolo dev'essere privato di tutti i diritti. Chi favorisce questo sistema? 

Il modello neo-keynesiano, sviluppista, includente/cooptativo e con l'importante intervento dello Stato faceva - e fa - a cazzotti con il modello di sviluppo di stampo neoliberista dove il settore privato deve avere l'esclusiva e il mercato deve dettare legge. Il gruppo di potere guidato da Correa aveva intuito che l'unico spazio da cui potersi muoversi e legittimarsi era lo Stato e il settore pubblico. Con questa dinamica riuscí a ridurre lo spazio delle oligarchie di sempre che nel frattempo perdevano leggittimità, risorse e potere. Per questi motivi Correa era considerato un cattivo, un despota, un autoritario ma da chi? Dalle oligarchie di sempre che stavano perdendo le polpettine dal piatto anno dopo anno. Un affronto che ha pagato caro. Fin qui, ha 25 avvisi di garanzia di ogni tipo. Un processo già è andato a termine con una sentenza di 8 anni di prigione da scontare nelle patrie galere, se dovesse ritornare in Ecuador. Quest'attacco costante e permanente è oggi visibile anche in campagna elettorale. 

  1. In primis, gli innumerevoli tenativi di non far presentare la lista elettorale del correismo con il candidato Arauz. Non ricordo più quante volte sia stata accettata e rifiutata la sua candidatura. Per un periodo, era diventata il tema giornaliero: ci si domandava se Arauz riuscisse o meno a presentare le carte e presentarsi alle elezioni. Poi alla fine c'è l'ha fatta. Che fatica!
  2. Inoltre, si son presentati ben 11 binomi presidenziali anti - Correa per attuare strategicamente e disperdere i voti. Si sono alleati, finanche, cani e gatti contro il pericolo di stampo sovietico - marxista - leninista rappresentato da Arauz e Rabascall (binomio presidenziale appoggiato da Correa). L'alleanza che risalta agli occhi è quella tra Lasso e Nebot che storicamente non hanno mai goduto di simpatie reciproche. Tutti uniti come non mai contro il male assoluto (parole dell'imprendiotre delle banane Álvaro Noboa). 

Le ingerenzi statunitensi nel voto ecuadoregno.

Immagine 2: Logo del giornale La Jornada di Messico

Un articolo pubblicato qualche giorno fa su La Jornada di Messico parla d'ingerenze statunitensi nel voto ecuadoregno. Non sarebbe una novità e il colpo di stato accaduto in Bolivia dell'anno scorso potrebbe ripetersi, a mio avviso. Sarebbe il primo dell'era del neo-eletto presidente statunitense Biden? Tutto è possibile se vogliamo essere pessimisti o realisti! La Jornada fornisce una serie di elementi che da un lato confermano la volontà del Nord America e delle destre continentali di riprendersi l'osso perso negli ultimi 20 di progressismo e dall'altro preoccupa perché potrebbe registrarsi una nuova ondata di repressione e tensione in un paese del sud america. Un primo elemento che emerge è il discorso della destra che parla di fraude ancor prima delle realizzazioni delle elezioni. 

Per questa ragione si è creato ad hoc "L'Osservatorio per il controllo elettorale" a carico di Mario Pazminó, ex capo della Polizia Nazionale e vincolato ai servizi di intelligenza statunitensi. A questo operativo si somma l'Istituto Nazionale Democratico (NDI) e l'Internazionale Repubblicana (IRI) degli Stati Uniti. Il NDI starebbe reclutando cittadini ecuadoregni partecipanti dei programmi di trasparenza elettorale, guidati da Julian Charles Quibell, funzionario statunitense che lavora nel NDI da 18 anni ed è considerato il guru delle elezioni in America Latina.    (La Jornada 1-2-2021)

Domenica sapremo la verità

Fonti:

Immagine 1: https://ww2.elmercurio.com.ec/2021/01/16/asi-sera-el-debate-oficial-de-los-candidatos-a-la-presidencia-de-ecuador/

Immagine 2: https://www.jornada.com.mx/

https://www.primicias.ec/noticias/politica/indecisos-inclinar-tablero-electoral/

http://indi.ups.edu.ec/blog/dmatrone/?p=186

https://es.wikipedia.org/wiki/Refer%C3%A9ndum_constitucional_y_consulta_popular_de_Ecuador_de_2018

https://www.elcomercio.com/actualidad/presidente-leninmoreno-aceptacion-sondeos-encuestadoras.html

https://www.jornada.com.mx/notas/2021/01/30/politica/injerencia-estadunidense-en-los-comicios-ecuatorianos/?s=09

https://es.wikipedia.org/wiki/Elecciones_presidenciales_de_Ecuador_de_2017