Davide Matrone, QUITO
Dopo 10 mesi di governo, si registra un’altra battuta d’arresto importante per il presidente neoliberista Guillermo Lasso. Ieri è andato in minoranza all’interno dell’Assemblea Nazionale. A fargli lo sgambetto è stato il blocco dei partiti di centro-sinistra che ha bocciato il provvedimento di legge – di carattere urgente – denominato “Ley de Inversiones” che prevedeva un pacchetto di privatizzazioni dei settori strategici del paese (educazione, salute, lavoro, acqua, infrastrutture ed energia). Una legge che avrebbe, tra l’altro, favorito fiscalmente le grandi multinazionali alle quali sarebbero state eliminate alcune tasse come nel caso del contributo dell’1% delle compagnie telefoniche Movistar-Claro che oggi finanziano il sistema scientifico-tecnologico e dei saperi ancestrali (art. 119).
LA LEGGE rispedita al mittente è parte del piano strategico dell’attuale governo neoliberista che vuole garantire la massima apertura al capitale straniero delle transnazionali in Ecuador legittimando, inoltre, lo sfruttamento dei lavoratori precari e sottopagati che nel frattempo vedono una retrocessione, in termini di diritti e sicurezza giuridica, delle loro condizioni. Lasso ha cercato di vendere il progetto di legge come un importante motore per lo sviluppo economico e per l’occupazione, ma non c’è riuscito. Aveva dichiarato, a più riprese, che questa legge avrebbe creato 2 milioni di posti di lavoro senza specificare in che modo, considerando la liberalizzazione contrattuale in corso. «Intanto la votazione ha generato due fenomeni interessanti» ha dichiarato l’analista politico Shura Rosero, docente dell’Università centrale dell’Ecuador. «Il primo è la netta divisione all’interno dell’Assemblea Legislativa che risponde a interessi ideologici e di classe concreti. Gli 87 voti contrari alla legge delle privatizzazioni vengono dal gruppo dei partiti di centro-sinistra di UNES (il partito di Rafael Correa), Pachakutik (il partito del movimento indigeno) e Izquierda Democratica (partito della sinistra riformista) che rappresenterebbero gli interessi delle classi sociali lavoratrici, popolari e della classe media, e i 44 voti a favore sono del gruppo Misto Indipendente – CREO (partito del Presidente Lasso)– Partito Social Cristiano (di Jaime Nebot) che rappresentano, prevalentemente, gli interessi delle oligarchie della sierra e della costa. Il secondo punto è la votazione, a sorpresa, del partito Izquierda Democratica che in un primo momento aveva dichiarato di appoggiare il progetto di legge. Questo cambiamento è da interpretare sotto due punti di vista» ha aggiunto il cattedratico Roser. «Da un lato nell’inconsistente strategia dei mediatori di governo nel relazionarsi coi partiti all’opposizione e dall’altro la frizione d’interessi su basi clientelari che sta maturando all’interno della compagine governativa. In questo caso il responsabile numero uno, a mio avviso, è il parlamentare Daniel Noboa, Presidente della Commissione di Sviluppo Economico che, dopo aver presentato il progetto di legge, non ha saputo essere flessibile con le richieste di riforme della legge avanzate dai partiti Pachakutik e ID», ha concluso.
UN ALTRO ELEMENTO evidenziato dalla votazione è il comportamento della presidente dell’Assemblea, Guadalupe Llori, che durante il voto ha lasciato l’aula manifestando lo strappo consumatosi all’interno del partito Pachakutik. Llori ne capeggia l’ala destra – alleata di Lasso – che ieri è stata messa in minoranza.
Cosa succederà ora? Dopo la votazione si è aperta una guerra, a suon di accuse pesanti, tra l’esecutivo e i partiti di centro-sinistra. Lasso ha accusato in prima persona il segretario della sinistra democratica di essere un corrotto ed ha indirizzato la stessa grave accusa a differenti parlamentari dei partiti di centro-sinistra che hanno risposto al presidente per le rime. Accuse gravi che stanno producendo degli effetti importanti e potrebbero creare nuove e improbabili equilibri all’interno dell’Assemblea. A due anni dall’insediamento del governo, Lasso ha visto ridursi notevolmente il suo capitale politico e simbolico. Oggi, secondo gli ultimi sondaggi di Perfiles de Opinión del gennaio 2021, il 60% degli ecuadoregni rifiuta l’operato del presidente che nell’agosto dello stesso anno godeva di un livello di gradimento oltre il 75%. Con questo scenario, si parla della muerte cruzada (scioglimento delle camere e votazioni anticipate) così come prevede l’articolo 148 della Costituzione politica dell’Ecuador. Uno scenario che sembra farsi strada e concretarsi, se al prossimo appuntamento d’aprile il Parlamento voterà contro la riforma della flessibilizzazione del mondo lavorativo.
https://ilmanifesto.it/ecuador-il-parlamento-ferma-le-privatizzazioni
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