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martes, 21 de julio de 2020

Intervista al regista congolese Rufin Mbou.

narratore di vita e creatore d’immagini….

Rufin Mbou

Ripropongo un'intervista realizzata esattamente otto anni fa a Pozzuoli al regista congolese Rufin Mbou. 

Rufin è un giovane congolese di 30 anni che vive e lavora da 5 anni a Le Havre in Francia. Il nostro incontro è avvenuto per caso in un assolato pomeriggio di luglio nella splendida cittadina di Pozzuoli in provincia di Napoli.

Rufin parla francese, una lingua a me incomprensibile e cosí per intenderci utilizziamo un inglese appreso sui banchi di scuola, la  gestualità accentuata dei popoli del sud e soprattutto la traduzione diretta ed immediata della nostra cara amica Laura che il francese lo parla benissimo e che ha reso piú semplice il nostro comunicare. 

Le nostre chiacchierate non sono state molto loquaci e logorroiche ma intense da un punto di vista comunicativo e figurativo: le foto, un ballo, un bicchiere di vino, i sorrisi, le pacche sulle spalle, le strette di mano, una pizza, le camminate, un caffé, le incomprensioni, i silenzi, la gestualità del corpo, l’immaginazione, la fantasia ed infine i saluti hanno arricchito il nostro stare insieme lì, in quel momento ed in quel determinato luogo.

Pozzuoli, Monte di Procida, Acquamorta, il centro storico di Napoli, la stazione ferroviaria di Villa Literno hanno rappresentato poi la scenografia di un breve film scritto, visto insieme e poi terminato con il classico saluto da un finestrino di un treno in partenza. Un finale quasi scontato di quelli raccontati, immaginati, sognati, vissuti e visti chissà quante volte al cinema. Non è stato cinema ma vera realtà, quella vissuta in questi giorni di luglio. Una bella realtà che Rufin prova ad immergere nei suoi documentari, nei suoi corti e lungometraggi che  parlano della MAMMA Africa.

Un cinema d’inchiesta il suo, anche coraggioso, pungente e necessario per raccontare una realtà dura e tesa, tipica di molti paesi africani che vivono in permanente conflitto. 

Un conflitto orchestrato e manipolato dalle democrazie occidentali che sono molto capaci nel mettere contro le fazioni civili e militari adottando il famoso e antico motto romano “divide et impera” per accaparrarsi le ingenti risorse naturali che questi paesi dell’Africa posseggono e che noi paesi occidentali, senza chiederne il permesso, le facciamo nostre.

L’abbraccio alla stazione termina o interrompe quest' incontro. Il tempo è stato generoso ed ha lasciato una testimonianza indelebile su un piccolo quaderno.

L' intervista

Rufin di dove sei e cosa fai?

Sono Rufin Mbou, un congolese di 30 anni che vive da 5 anni a Le Havre in Francia, dove lavoro in una casa di produzione cinematografica che si chiama Inzo ya Bizizi (la casa delle immagini) specializzata in documentari. Sono originario del Congo (Repubblica del Congo, già Zaire ndr), un paese dell’Africa centrale con una popolazione di circa 3 milioni d’abitanti (http://it.wikipedia.org/wiki/Repubblica_del_Congo) ed ex  colonia francese. Un paese molto ricco di petrolio che fa gola alle multinazionali straniere, in primis quelle francesi.

Come nasce la tua passione per il cinema?

Durante il liceo in Congo. In quegli anni ho iniziato a fare teatro e a seguire con interesse il cinema di cui mi sono innamorato qualche tempo dopo. In questo periodo ho cominciato a vedere tantissimi film di qualsiasi genere e origine. Il cinema in Congo era inesistente e cosi ho seguito il cinema francese. Piano piano l’interesse e la curiosità per questo mondo mi ha spinto un giorno a realizzare un film tutto mio e cosi ho iniziato a studiare in maniera autodidatta. Successivamente ho seguito dei corsi di formazione e dei stage professionali nel mio paese e da lì non mi sono più fermato.

Con Rufin


Quali documentari hai realizzato? 

“Tennikyo, una tradition en toge noire” (60 min., 2006), “Aun nom de…” (17 min, fiction, 2005), “On noible pais, on pardonne” (de Annette Kollamba Matondo, 26 min, 2010). Il primo lavoro si centra sulla giustizia in Congo, il secondo è una fiction che racconta la storia di un ragazzo di buona famiglia che incontra una ragazza muta. L’ultima produzione invece tratta del massacro avvenuto in Congo. Durante l’ultima guerra civile una parte della popolazione si era spostata nell’altra parte del Congo (La Repubblica Democratica del Congo). Il Governo e l’Alto Commissariato dell’Onu avevano organizzato il rimpatrio ma nel frattempo si perpetuava un genocidio tra la popolazione civile. Il film è di realizzazione francese ed io ho collaborato con la produzione. Questo lavoro cinematografico nel mio paese ha avuto un gran seguito che è sfociato anche nella stesura di un libro.

Il film è stato poi presentato al Festival di Cannes e nel Festival Cin sud della città di Bordeaux ed in quest’ultima Kermesse ha ricevuto il premio del pubblico. Ha inoltre partecipato al Festival IDFA di Amsterdam del 2006, al DOC FESTIVAL nel 2007 in Germania, al Quebec Wafrique in Canada ed in Africa del Sud al ENCOUTERS.

Quale altro lavoro hai realizzato?

Ho realizzato come ultimo lavoro un film girato ed ambientato in Romania sulla gente del Congo Belga (ex Zaire) che vive lì. Racconta la storia di un gruppo di 30 ragazzi congolesi che erano stati assunti come autisti di taxi a cui gli era stato promesso un ottimo guadagno ed una vita in compagnia delle loro famiglia in Romania. In realtà questa situazione non si è verificata in quanto questi poveri ragazzi son stati super sfruttati e mal pagati. L’assunzione era avvenuta tramite un intermediario congolese che aveva contattato la più grande compagnia di taxi Rumena promettendo ai ragazzi mari e monti.

Questi giovani hanno cercato di ribellarsi ed hanno denunciato la situazione al Ministero del Lavoro in Romania che attraverso un giudizio legale ha poi multato questa compagnia di taxi, ma la stessa società per vendetta ha poi recesso tutti i contratti dei 30 ragazzi africani e li ha addirittura denunciati all’ufficio emigrazione che ha li ha definitivamente espulsi dal paese. Alcuni son ritornati in Africa mentre altri hanno chiesto ed ottenuto l’asilo politico.

I guai peró non sono terminati. Questi giovani giunti in Congo hanno poi vissuto il rifiuto delle loro famiglie e della società in quanto ritenuti dei falliti. Qui, in alcuni paesi dell’Africa funziona cosí. Un emigrante che ritorna a casa senza soldi, vuol dire totale emarginazione. Anche perché le famiglie di questi giovani che partono s’indebitano all’inverosimile e quindi se si ritorni più povero di prima, la famiglia ti allontana definitivamente.

Che cos’è per te il cinema?

La mia vita. Il cinema è uno strumento di denuncia dove ognuno di noi ha una missione da compiere e la mia è quella di denunciare quello che accade soprattutto nel mio paese. Mi ritengo un narratore di vita ed un creatore d’immagini.

Quali film italiani hai visto e qual è il tuo giudizio generale sul cinema italiano?

Ho visto alcuni classici del cinema italiano soprattutto quelli del genere neorealista di Federico Fellini e Roberto Rossellini. Tra l’altro il genere neorealista si studia durante gli anni di formazione in quanto rappresenta una scuola di riferimento molto importante. Il cinema italiano è ritenuto molto importante per gli studi. Ho seguito il Western all’Italiana di Sergio Leone e come ho già detto il Neorealismo di Fellini riconosciuto a livello internazionale. Poi tempo fa ho visto il film “Mio fratello è figlio unico” di Daniele Luchetti. L’ho visto in italiano e coi sottotitoli rumeni e non ho capito nulla ma mi è piaciuto tantissimo per la tecnica e per il taglio delle immagini. Mi ha colpito poi l’inversione dei ruoli attuata dal protagonista che all’inizio recita la parte del cattivo e poi quella del buono. La lotta e la presenza dei due partiti, quello Fascista e quello Comunista e lo scambio delle differenti situazioni che vivono queste due organizzazioni, è risultato molto intrigante. 


Hai visitato Napoli in questi giorni. Cosa ne pensi di questa città?

Napoli mescola modernità e antichità in spazi molto ristretti tra loro e questo lo si nota soprattutto nel centro storico. Non è facile descriverla con due parole però i luoghi visitati sono risultati molto interessanti. La città si presta come una buona location per girare un film o qualche documentario e anche grazie alla folta presenza di immigrati africani presenti in città che possono rappresentare dei buoni soggetti ed oggetti cinematografici. Della città mi hanno colpito i ragazzini che giocano in strada: hanno un’aria chic (elegante dal francese ndr). Inoltre, mi è piaciuta la zona archeologica nella zona flegrea intorno a Pozzuoli. Non avevo mai visto un anfiteatro cosi grande e dei resti archeologici cosi belli (scavi di Cuma ndr). Infine, della città di Napoli mi ha colpito il calore umano della gente. Questo ultimo aspetto mi è piaciuto tantissimo anche perché non ero mai stato prima in Italia.

Dell’Italia che notizie avevi?

Le ultime notizie giuntemi dall’Italia, ancor prima della mia visita, erano state quelle relative agli sbarchi degli immigrati. Avevo paura prima di arrivarci perché pensavo di ricevere un clima ostile e continui controlli. Poi però la realtà è stata ben altra e ben differente. In sostanza è stata una bell’esperienza ed una bella scoperta.

Laura, Davide e Rufin in stazione prima del saluto.


http://www.youtube.com/watch?v=0ixPZ_2_K-w&list=UUHPcn0B_wBUU41fTeDW_dEg&index=2&feature=plcp

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