Intervista ad Adelmo Cervi.
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I sette fratelli Cervi |
di Davide Matrone
Intervista ad Adelmo Cervi figlio di Aldo Cervi ucciso il 28 dicembre del 1943 insieme ai suoi 6 fratelli nel poligono di tiro di Reggio Emilia ad opera dei Fascisti
Adelmo Cervi è il figlio di Aldo Cervi (nato nel 1909), ucciso il 28 dicembre del 1943 insieme ai suoi 6 fratelli nel poligono di tiro di Reggio Emilia ad opera dei Fascisti.
La tua famiglia
La mia famiglia era composta da contadini molto cattolici e conservatori. Molti pensavano che noi fossimo stati sempre comunisti. Mio padre e i miei zii erano dei contadini semplici che lavoravano duramente la terra.
In che paesino vivevate?
A Campegine, poi successivamente la mia famiglia se ne andò a Praticello; un comune ubicato tra la provincia di Parma e di Reggio Emilia, verso il Po.
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Campegine: La chiesa di San Pietro e Paolo |
E tuo padre?
Mio padre era il terzogenito ed era quello più politicizzato dei fratelli. Anche lui era cattolico, però fu quello che nel corso degli anni si convertì alle idee socialiste insieme allo zio Gelindo. Insieme furono quelli che convinsero gli altri della famiglia a partecipare attivamente alla militanza antifascista.
Come e quando tuo padre si convertì alle idee socialiste?
Dunque, mio padre Aldo parte per militare nel ’29 e qui successe un episodio che cambiò le sorti sue e quelle dell’intera famiglia Cervi. In caserma stette in contatto con un suo superiore dell’esercito, un fascista carogna a cui piaceva mandare sotto punizione i suoi subalterni in una maniera stupida e autoritaria. Durante questo periodo, una notte di sentinella fu coinvolto in un incidente nel quale rimase ferito questo superiore. Per questo episodio, ci fu un processo nel quale mio padre, ovviamente, fu condannato a cinque anni di carcere a Gaeta. Alla fine ne scontò solo tre. Durante il periodo in carcere conobbe alcuni comunisti con i quali si confrontò fino ad accettare e condividere le loro idee. Mio padre in carcere diventò comunista. Ed io aggiungo sempre:“OVVIAMENTE!”, visto che a quei tempi nelle carceri c’erano solo i comunisti.
Quando la famiglia cominciò attivamente l’attività antifascista?
Quando mio padre ritornò a casa nell'anno 1933, dopo tre anni di carcere a Gaeta. Giunto nuovamente a casa cominciò a parlare con i suoi fratelli. Lesse e fece leggere il Manifesto del Partito Comunista, il Capitale di Marx. Poi lesse Stato e Rivoluzione di Lenin, s’innamorò della Rivoluzione d’ottobre fino a diventare il suo messaggio politico. Poi cominciò a organizzare le prime cellule del partito comunista nella campagna reggiana. Insieme ai suoi fratelli e compagni creò i primi strumenti di diffusione di propaganda comunista clandestina. E cosi fino agli anni ’40 continuò quest’attività dell’intera famiglia Cervi.
Chi erano quelli più impegnati politicamente insieme a tuo padre?
Mio nonno e lo zio Gelindo. Ovviamente erano sempre molto attenti quando facevano politica clandestinamente. Per non dare nell’occhio, durante tutto il giorno lavoravano la terra e si facevano vedere nei campi. La lotta antifascista continuò praticamente in tutto il decennio degli anni ’30. La famiglia nel frattempo si mise in contatto con altre persone che erano interessate a lottare. Mi raccontarono che mio padre e lo zio Gelindo contattavano gli altri contadini direttamente sul lavoro. Andavano da loro e mentre falciavano l’erba e zappavano, realizzavano la riunione politica. Ci si doveva inventare dei sistemi alternativi per riunirsi e fare politica.
E dove si riunivano generalmente?
Si riunivano clandestinamente in certe case o nelle stalle facendo finta di giocare a briscola. A proposito della briscola, quando si giocava mio nonno s’innervosiva sempre con il suo amico di gioco quando perdeva, e non voleva mai perdere.
Com’era tuo nonno?
Mio nonno è sempre rimasto un cattolico, anche se dopo l’uccisione dei suoi figli diventò un comunista cattolico. Durante la sua conversione alle idee socialiste cominciò a sostenere che Gesù Cristo fosse stato il primo socialista della storia. E’ morto all’età di 95 anni ed è stato anche assessore ai cimiteri con il Partito Comunista.
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Alcide Cervi (1875 - 1970). |
Riprendiamo a parlare dell’attività politica di tuo padre e dei tuoi zii.
Come ti dicevo l’attività clandestina andò avanti per tutti gli anni ’30 senza grandi problemi, nel senso che non erano molto controllati in quanto la famiglia era vista come un nucleo di cattolici dediti alla terra. Inoltre, erano anche molto bravi a non farsi scoprire. Nessuno sapeva dell’esistenza della stampa clandestina di propaganda antifascista ubicata nella stalla. Per parecchio tempo continuarono le loro attività senza avere nessun controllo.
Quando cominciarono ad avere problemi con le autorità fasciste?
Dal 25 luglio del 1943. In questa data Mussolini fu destituito dal Consiglio Nazionale del Fascismo e la mia famiglia festeggiò in piazza con gli altri la caduta del fascismo. Il nonno e i suoi figli prepararono quintali di pasta che portarono nella piazza del paese. Questo fu l’episodio che li mise in luce rispetto all’attività clandestina precedente. Da quel momento in poi vennero inseriti nella lista degli antifascisti attivi e pericolosi.
E cosa successe dopo?
Poi arrivò l’8 settembre e la nostra casa diventò un luogo di rifugio. In casa passavano almeno 15 – 20 persone al giorno. Dall’ 8 settembre ci passeranno almeno un centinaio di persone. Dopo mio padre si arruolò al gruppo partigiano con alcuni amici come Dante Castellucci che farà una brutta fine, poverino. Mio padre, insieme al fratello Gelindo, passarono alla lotta armata nella zona di Tapignola.
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Io ed Adelmo Cervi. |
Quanto durò la lotta armata?
Dal mese di ottobre fino al 20 di novembre del ’43 quando poi li arrestarono. Praticamente fu un mese di fuoco.
Come furono catturati?
Dopo l’8 settembre i miei zii vennero marchiati come antifascisti. Da quel momento cominciò il controllo più rigido delle autorità del fascio di Reggio Emilia. Sapevano anche che mio padre era nella lotta armata partigiana e che ritornava dopo le 10 di sera. La famiglia non se n’era accorta di questo duro controllo. E cosi arrivammo al giorno della cattura. Mio padre era appena tornato dalla montagna alle 22,30 più o meno. Quella notte verso le quattro arrivarono 3 – 4 camion da Reggio Emilia con 100 – 150 fascisti e iniziarono a rastrellare la zona, circondarono la casa e cominciarono a sparare.
Ci fu resistenza da parte della Famiglia Cervi?
Ci fu una breve resistenza però a un certo punto decisero di uscire anche perché stavano dando fuoco la casa e soprattutto c’erano i bambini piccoli. Io avevo tre mesi quando vennero a prendere papà e gli altri. E cosi, fu una resa obbligata. Dopo li portarono tutti a Reggio Emilia. Mio nonno andò con loro.
Cosa successe durante la prigionia?
Restarono un tempo in prigione e durante la prigionia fu programmata anche la liberazione da parte di un gruppo di partigiani della zona. Avevano scelto la vigilia di Natale come giorno d’azione perché c’era meno controllo nelle carceri. La notte del 25 dicembre però ci fu un disguido e l’azione non avvenne. Si volle spostare l’azione la notte di capodanno, ma nel frattempo successe qualcosa che cambiò la dinamica. Tra il 25 e il 31 dicembre fu ucciso, nelle campagne di Bagnolo, un fascista e cosi si riunì il Consiglio del Fascismo a Reggio Emilia che decise di dar una risposta al movimento. La risposta fu quella di mettere fine alla vita dei 7 fratelli Cervi. La notte del 28 dicembre vennero portati al poligono di tiro di Reggio Emilia e poi uccisi.
*L’intervista è stata realizzata nel mese di giugno del 2013 durante un viaggio in bus da Bologna a Milano insieme ad alcuni compagni/e.
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